Aperitivo di autofinanziamento

MERCOLEDÌ 8 DICEMBRE DALLE 18:30
APERITIVO DI AUTOFINANZIAMENTO
ASSAGGI E SORSEGGI

BIBLIOTECA ANARCHICA DISORDINE
VIA DELLE ANIME 2/B LECCE

E se qualche volta
sui gradini
di un palazzo,
sull’erba verde di un fossato,
nella tetra solitudine
della vostra camera,
vi risvegliate, chiedete al vento,
all’onda, alla stella, all’uccello,
all’orologio, a tutto ciò che fugge,
che geme, che scorre, che canta, che parla,
chiedete che ora è; e il vento, l’onda,
la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno:
«È ora di ubriacarsi! Per non essere
gli schiavi martirizzati del Tempo,
ubriacatevi! Di vino, di poesia, di virtù,
a piacer vostro».
Charles Baudelaire

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Nuovi titoli in Biblioteca

  • Gabriele Martignoni / Sergio Morandini, Il diritto all’odio. Dentro / Fuori / Ai bordi dell’area dell’Autonomia, ed. Bertani, 1977, pag. 423;
  • Piero Messina, Protezione incivile, ed. Bur, 2010, pag. 317;
  • Isabella Lorusso, Donne contro, ed. CSA, 2013, pag. 143;
  • Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia, Gli italiani sul fronte russo, ed. De Donato, 1982, pag. 570;
  • AA. VV. (a cura di Eugenio Alberti Schatz), Schiavi della comunicazione. Vita e nevrosi della fabbrica dei media, ed. Derive Approdi, 2000, pag. 141;
  • Vladimir Ilic Lenin, Stato e rivoluzione, Editori Riuniti, 1966, pag. 207;
  • Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, Editori Riuniti, 1966, pag. 124;
  • Gian Franco Venè, Il golpe fascista del 1922, ed. Garzanti, 1975, pag. 357;
  • Simone Pieranni, Red mirror. Il nostro futuro si scrive in Cina, ed. Laterza, 2020, pag. 158;
  • Nessuno tocchi Caino, La pena di morte nel mondo. Rapporto 1999, ed. Marsilio, 1999, pag. 383;
  • AA. VV., La difesa della salute, ed. Mondadori, 1978, pag. 237;
  • AA. VV., La difesa del territorio, ed. Mondadori, 1976, pag. 159;
  • Mario Cervi, Storia della guerra in Grecia, ed. Mondadori, 1972, pag. 381;
  • Paolo Maltese, La terra promessa. La guerra italo-turca e la conquista della Libia 1911-1912, ed. Mondadori, 1976, pag. 379;
  • Pierre Broué / Emile Témine, La rivoluzione e la guerra di Spagna, ed. Mondadori, 1980, pag. 684;
  • Anatoly V. Dubovik / D. I. Rublyov, Dopo Makhno. L’anarchismo clandestino nell’Ucraina degli anni ’20 2 ’30, ed. Nero Abisso, s. d., pag. 48;
  • Matt Warner, Questo sporco mondo, ed. Paoline, 1973, pag. 139;
  • AA. VV., Cronache anarchiche. Il giornale Umanità Nova nell’Italia del Novecento (1920-1945), ed. Zero in condotta, 2010, pag. 294 (con 2 cd-rom);
  • Angel J. Cappelletti, L’idea anarchica. Dalle origini ai giorni nostri, ed. Zero in condotta, 2021, pag. 143;
  • Jordi Maiz, Né zar né sultani. Anarchici e rivoluzionari del Caucaso 1890-1925, ed. Zero in condotta, 2020, pag. 127;
  • Sam Mbah / I. E. Igariwey, Africa ribelle. società senza Stato, le prospettive libertarie, ed. Zero in condotta, 2002, pag. 94;
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Sui muri di Lecce…

Misure urgenti per la gestione della pandemia da COVID-19

Il capo del Governo e i suoi ministri:

VISTO che dopo aver tagliato fondi alla sanità per decenni, questa continua ad essere un enorme peso e non è stata ancora cancellata.

VISTO che la sanità d’ora in poi sarà solo privata e a pagamento e che i poveri moriranno comunque.

VISTO che vogliamo gozzovigliare in pace senza inutili fastidi.

VISTO che vogliamo un Natale pieno di merci, cose, oggetti e paccottiglia varia e che siamo stanchi ci sia un freno alla loro produzione e trasporto.

VISTO che non vogliamo più avere “l’incubo delle piste da sci chiuse” e che vogliamo devastare le montagne come più ci aggrada.

VISTO che la natura ci è nemica e che la trasformeremo completamente in macchina così da eliminare ogni imprevedibilità.

VISTO che l’Economia e Confindustria hanno dettato le regole fino ad adesso per la gestione della pandemia e che le fabbriche sono state aperte quando era il momento di chiuderle, ignorando morti e contagi.

VISTO che abbiamo imposto, eseguendo la volontà di Economia e Confindustria, un lasciapassare per svolgere qualsiasi attività quotidiana; che tale lasciapassare impedisce a chi non si adegua di potere vivere tranquillamente e di lavorare e che consentirà di controllare costantemente tutti quelli che lo useranno.

VISTO che tale lasciapassare servirà ancor di più ad allinearsi alle regole che non potranno mai essere messe in discussione.

VISTO che ormai la paura e il terrore sono parte della vostra vita e non siete più in grado di vivere senza.

VISTO che la SCIENZA è nostra alleata nella gestione militare di questa pandemia.

VISTO che alla SCIENZA si deve solo fedeltà e accondiscendenza, mai dubbio o critica.

VISTO che la SCIENZA, gli SCIENZIATI e le multinazionali della malattia, hanno approntato, per affrontare la pandemia, vaccini e vaccinazioni fino alla fine dei vostri giorni.

VISTO che il profitto che ricaveranno da tutto ciò è dichiarato interesse strategico.

VISTO che i dubbi, le critiche, le perplessità, non sono ammessi dall’unica verità.

VISTO che il rifiuto, la disobbedienza, l’opposizione sono considerati atti di diserzione e alto tradimento dello Stato, dell’Economia e dei suoi cittadini – consumatori.

O R D I N A N O

che i non vaccinati e più in generale coloro che non si adegueranno al piano emergenziale di gestione della pandemia vengano

I N T E R N A T I      T U T T I

così da poter tornare alla tanta agognata normalità senza più ostacoli e con l’obbedienza dovuta ai salvatori della Patria e del Capitale.

                    I Ministri tutti del Governo di Unità Nazionale per la gestione definitiva della pandemia;

I Ministri tutti per la Bonifica da ogni dissenso;

I Ministri della Guerra, della Verità, della Malattia e della Transizione finale;

Roma, anno II della Vita Artificiale

Misure pdf

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«ANY WHERE OUT OF THE WORLD»

Non importa dove, fuori del mondo

Questa vita è un ospedale in cui ogni malato è posseduto dal desiderio di cambiare letto. Questo vorrebbe soffrire di fronte alla stufa, quello crede che guarirebbe accanto alla finestra.

A me sembra che starei sempre bene là dove non sono, e di questa questione di trasloco discuto di continuo con l’anima mia.

«Dimmi, anima mia, povera anima infreddolita, cosa ne diresti di andare ad abitare a Lisbona? Là deve fare caldo e tu ringagliardiresti come una lucertola. Quella città è in riva all’acqua; si dice sia costruita in marmo, e che la popolazione odia talmente i vegetali, che ha sradicato tutti gli alberi. Ecco un paesaggio di tuo gusto: un paesaggio fatto di luce e minerali, e acqua per rispecchiarli!».

L’anima non risponde.

«Visto che ami tanto la quiete, con lo spettacolo del moto, vuoi venire ad abitare in Olanda, terra beatificante? Forse ti divertiresti in quelle contrade che hai spesso ammirato in immagine nei musei. Che ne diresti di Rotterdam, tu che ami le foreste di alberi di nave, e i piroscafi ormeggiati ai piedi delle case?».

L’anima resta muta.

«Forse ti sorriderebbe di più Batavia? Vi troveremmo, fra l’altro, lo spirito d’Europa sposato con la bellezza tropicale».

Nemmeno una parola. Che la mia anima sia morta?

«Sei dunque giunta a tal punto di intorpidimento da compiacerti solo del tuo male? Se è così, fuggiamo verso i paesi analogie della Morte. – Ho quel che ci serve, povera anima mia! Faremo le valigie per Tornio. Andiamo ancora più lontano, all’estremo capo del Baltico; o ancora più lontano dalla vita, se possibile; installiamoci al Polo. Là il sole sfiora solo obliquamente la terra, e le lente alternative della luce e della notte sopprimono la varietà e accrescono la monotonia, questa metà del nulla. Là potremo fare lunghi bagni di tenebre, mentre, per divertirci, le aurore boreali ci invieranno ogni tanto i loro rosei fasci, come riflessi di fuochi d’artificio dell’inferno!».

Finalmente l’anima mia esplode, e saggiamente mi grida: «Non importa dove! Non importa dove! Purché sia fuori di questo mondo!».

Charles Baudelaire, Lo spleen di Parigi

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Chiacchiere e distintivo

Il sistema democratico è il migliore in cui si possa desiderare vivere: tutte le libertà sono in esso garantite. Mettiamo ad esempio la libertà di stampa e quella di espressione; in democrazia è possibile dire e stampare tutto, a patto che sia quello che il sistema democratico permette di dire e stampare.

Uno dei massimi garanti di queste libertà si può rintracciare nella Pubblica Ministera Manuela Comodi, della procura di Perugia, la quale in una brillantissima operazione di polizia ha sguinzagliato i suoi cani da guardia – i carabinieri del ROS – a perquisire le case di numerosi anarchici in Italia, alla ricerca, nientemeno, di pubblicistica anarchica! E, pensate un po’, è anche riuscita a scovarla… A dire il vero non è stato neanche tanto difficoltoso: era un po’ come cercare testi di filosofia in casa di un filosofo o pennelli nel garage di un imbianchino…

In realtà questo fine segugio del democratico Stato, non cercava pubblicistica anarchica in generale, ma un giornale in particolare, Vetriolo, in cui, tra le altre cose, si parla della necessità e giustezza, per gli anarchici, di attaccare il Dominio, e di conseguenza uomini e cose che ne sono la diretta emanazione. È un discorso che in realtà molti anarchici portano avanti, nella loro pubblicistica e nella loro vita, da circa un secolo e mezzo. Come meravigliarsi del resto? Cos’altro si può pensare di fare per mettere fine allo sfruttamento che, da secoli, i padroni, gli Stati, gli economisti e compagnia brutta, attuano nei confronti degli esclusi da qualunque tipo di vita dignitosa? Cos’altro si può pensare di fare per mettere fine alle guerre, allo sfruttamento del pianeta, alla sofferenza umana ed animale; per fermare progetti di morte come il nucleare, la trasformazione dell’essere umano in macchina, ed innumerevoli altre questioni di cui sono responsabili lo Stato, l’Economia, l’industria, la tecnologia, se non attaccarne le cose e gli uomini direttamente responsabili? È un discorso innanzitutto etico, che ci sentiamo assolutamente di condividere.

E non solo noi. È un discorso semplice, che nel profondo dei loro cuori molte persone condividono; quando sul lavoro o nelle loro chiacchiere da bar affermano che certa gente, quella responsabile delle loro pessime condizioni di vita e del loro sfruttamento bisognerebbe ammazzarla tutta, o che il Parlamento bisognerebbe farlo saltare per aria quando sono tutti dentro perché è solo un covo di parassiti con stipendi da nababbo mentre fuori molti muoiono di fame. Certo, spesso sono solo discorsi da bar dettati da uno sfogo, dalla rabbia di una vita misera, mentre gli anarchici talvolta alzano veramente il braccio contro coloro o ciò che identificano come nemico.

Eppure, seguendo la logica contorta di questa Pubblica Ministera, magari un giorno si apriranno le indagini anche contro coloro che fanno questa chiacchiere da bar, e siamo sicuri che, durante le perquisizioni, nelle loro case verranno trovate – a prova del loro piano criminale – centinaia di tazzine da caffè…

Ci sarebbe solo da ridere se un compagno già in carcere non avesse ricevuto un altro mandato d’arresto, e non fossero stati disposti un altro arresto domiciliare e quattro obblighi di dimora. A loro va la nostra solidarietà, senza nessun vittimismo e convinti che bisogna continuare a dire e fare quanto da sempre affermiamo.

La libertà che sogniamo è là in fondo.

Addio Lugano bella.

Chiacchiere pdf

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In occasione de “La gira zapatista”

                                                         «Fino ad oggi il principio rivoluzionario ha lottato contro                                                                 questo o quell’ordine stabilito, cioè è stato riformista»                                                                                                                   Max Stirner

 Nulla di critico, da un punto di vista sovversivo, è stato finora pubblicato in Italia sul “Chiapas insorto” e sull’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Eppure anche qui da noi non sono mancati libri, conferenze, video, magliette, adesivi, cortei, comitati, iniziative di sostegno, insomma le mille espressioni di quella che è stata definita “l’internazionale della speranza”. Non pochi anarchici hanno dato il loro contributo. Di critiche, nemmeno l’ombra. Perché?

I testi sull’argomento, soprattutto quelli che si limitano a raccogliere i comunicati e i documenti dell’Ezln, forniscono in se stessi sufficiente materiale di riflessione (ad esempio: l’organizzazione dei territori controllati dagli “zapatisti”, la creazione di un “governo provvisorio rivoluzionario”, l’imposizione di “tasse rivoluzionarie”, di “leggi rivoluzionarie” e finanche di “prigioni rivoluzionarie”). Perché parlare dell’esercito zapatista come di un’organizzazione che ha superato il marxismo-leninismo, di un esperimento a carattere libertario, eccetera?

Il motivo è che, come è noto, si vede soltanto quello che si vuole vedere. Detto altrimenti, l’ideologia zapatista non è che il segno di una diffusa miseria. Al tutto, ovviamente, ha contribuito anche lo spettacolo, l’immagine del passamontagna, il mistero delle foreste, il fascino dell’esotismo; e poi Marcos, con i suoi testi poetici («gay a San Francisco, anarchico in Spagna…», «un paese dove il diritto di ballare sarà riconosciuto dalla Costituzione…») e la sua abilità a giocare col concetto di potere; ma hanno contribuito, soprattutto, il vuoto di prospettive, l’immondo fronte unico di una sinistra che difende il diritto al lavoro e le garanzie democratiche contro un “neoliberalismo” che tutti – dagli stalinisti agli anarchici – pretendono combattere, l’assenza di ogni discorso rivoluzionario che, oltre il nulla delle celebrazioni storiche, sappia porre radicalmente le uniche questioni radicali: la distruzione dello Stato, la distruzione dell’economia e l’autogestione generalizzata.

La miseria delle idee e dei desideri rende ciechi due volte: primo, perché inganna sulla natura reale dei contenuti e delle forme organizzative che gli sfruttati si danno negli scontri sociali presenti nel mondo (in questo caso, i metodi dell’Ezln e la pretesa “autonomia indigena”); secondo, perché porta ad affrontare il problema di quei contenuti e di quelle forme al di fuori dell’unico ambito concreto in cui può essere affrontato – quello della rottura insurrezionale. D’altronde, per quale motivo individui che qui da noi considerano velleitario e avventato ogni tentativo di rivolta, ogni discorso che fastidiosamente ricorda che lo Stato, da solo, non crolla, che contro il suo servizio d’ordine politico, sindacale e poliziesco qualcosa – prima che in meravigliose assemblee si decida tutti assieme, liberi e felici, il futuro del mondo – bisognerà pur fare; per quale motivo siffatti individui si entusiasmano per la guerriglia quando avviene in un’esotica lontananza? Che ci sia qualcosa che unisce le immagini del passamontagna “zapatista” e la vita quotidiana di tanti che lavorano, consumano, votano e pagano le tasse, qualcosa che assomiglia alla passività, una passività che potrebbero difendere anche con le armi?

[…]

«La società che stiamo costruendo rifiuta gli strumenti e le armi tradizionali degli Stati neoliberali, cioè l’esercito, le frontiere, le ideologie nazionaliste» ha dichiarato un membro dell’Ezln. Non male per un’organizzazione che si chiama Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Non da meno, il subcomandante Marcos, nel suo saluto finale [all’incontro intercontinentale del 1996], dopo aver detto poeticamente che «il cerchio si stringe attorno ai ribelli, che però hanno dietro di sé, sempre, l’umanità intera», afferma politicamente: «Noi zapatisti abbiamo proposto di lottare per un governo migliore, qui, in Messico». Come si vede, discorso zapatista è a tre livelli: il “governo rivoluzionario” per i leninisti; la difesa della democrazia contro il “neo-liberalismo” per i militanti dei partiti di sinistra; la poesia contro il “potere”, il mito dell’assemblea sovrana per i libertari. Ma il riformismo rimane tale anche quando impugna le armi, quando parla male dei potenti, quando rivendica, assieme al lavoro, alla giustizia e a una nuova Costituzione, il diritto di danzare.

Che uno slogan come «contro il neoliberalismo e per l’umanità» sia buono per tutti i gusti è piuttosto evidente; […] tuttavia, è utile criticare i contenuti reali dello zapatismo. Questo non certo per togliere ogni significato alle rivolte in Messico e altrove (rivolte che non vanno confuse con la loro rappresentazione spettacolare e il loro consumo mercantile), bensì, al contrario, per comprenderle meglio e dare loro, così, le ragioni della propria globalità; per rendersi conto che lo spazio di una teoria e di una pratica sovversive è colonizzato dallo spettacolo della rivoluzione, e dai movimenti che ne rappresentano soltanto la negazione riformista. Come a dire che un’Internazionale antiautoritaria e sovversiva, un’Internazionale che sappia sconvolgere davvero i piani di morte degli Stati e dell’economia, è tutta da inventare. In tal senso, conoscere e criticare il suo contrario non è che il primo passo.

Massimo Passamani

Estratto dalla nota introduttiva a: Sylvie Deneuve – Charles Reeve, Al di là dei passamontagna del Sud-Est messicano, ed. NN, 1998

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La necessità di distruggere la tecnologia

(…)

Tutto il bagaglio di tecnologie di base oggi impiegato in tutti i campi del vivere sociale, proviene dalla ricerca militare. Il suo uso civile ubbidisce a questa logica molto più di quanto non possiamo capire immediatamente. Infatti, tutto quello che siamo riusciti ad evidenziare è stata la messa in pratica di un preciso e scientifico progetto autoritario gerarchico nel modo di organizzarsi, mentre sarebbe stato più importante capire i meccanismi inconsci che a livello di massa consentono al potere di superare l’immediato rifiuto iniziale, da parte della gente, per arrivare poi, ad un vero e proprio sostegno.

Il comando cibernetico è contestato da pochi, anzi la tendenza generale è quella della inevitabile accettazione. Cosa questa che porta a considerarlo indispensabile e quindi socialmente utile.

Chi indica le ragioni di una totale distruzione degli apparati tecnologici prodotti dal capitale, passa per un irrazionale ed irresponsabile che vorrebbe portare la civiltà indietro fino all’età della pietra.

Ma, riflettendo, ci accorgiamo dell’infondatezza di queste affermazioni che fanno il gioco di coloro che sostengono le logiche del dominio. La tecnologia attuale è, in realtà, il risultato pratico di una forma di conoscenza maturata nel corso dello sviluppo industriale dei processi produttivi del capitale. Essa non è costituita da un bagaglio di pratiche applicate in forma neutrale alla struttura sociale, dato che a motivarla è pur sempre la logica di potere di coloro che sostengono lo sviluppo della società. La preoccupazione di salvaguardare alcune tecnologie rispetto ad altre diventa un modo preciso per ostacolare il processo di distruzione totale dell’intero assetto produttivo del dominio. In più, porta, fin da adesso, a porre limiti alla propria azione rivoluzionaria, oltre ad intrattenere un rapporto sociale ambiguo con le strutture del dominio. Quindi, coloro che, pur affermando di essere rivoluzionari, sostengono la necessità di salvaguardare una parte della tecnologia prodotta dal capitale, non vedono che in questa posizione danno una mano ai riformisti dichiarati, i quali, più coerentemente, sostengono una modificazione continua di tutti gli organismi del potere in modo che il sistema risulti sempre funzionale ed aderente alle nuove esigenze di dominio e ai cambiamenti della società.

Il nostro progetto radicale e totale di distruzione della tecnologia dovrà certo calarsi all’interno del processo rivoluzionario ma, fin da adesso, manifesta il fatto positivo di non porre alcun limite a priori al corso dello stesso processo rivoluzionario, né di ipotecarlo all’interno delle nostre attualmente limitate conoscenze.

Con ciò vogliamo evitare di cadere nel pregiudizio che per risolvere i problemi di una rivoluzione sociale contemporanea basti il semplice ricorso al bagaglio di conoscenze attualmente acquisito. Siamo contro coloro che manifestano una rassicurante certezza del genere considerando conclusive le attuali conoscenze.

Per come stanno adesso le cose, i cosiddetti scienziati che studiano l’intelligenza artificiale o, più genericamente, l’applicazione delle attuali tecnologie ad altri campi del sapere, in realtà sono operai della scienza. Possiedono una altissima specializzazione in un dato campo scientifico, ma, la maggior parte di loro, ignora cosa succede negli altri settori della ricerca, per non parlare della realtà sociale che spesso trascurano completamente vivendo nel clima asettico ed ovattato dei loro laboratori.

Non dobbiamo dimenticare che i ragionamenti di questi operai della scienza somigliano molto alle macchine che progettano, dato che applicano la logica binaria e sono sostanzialmente incapaci di pensare al di fuori di questo schema. Non sono ragionamenti creativi, non possono apportare alcuno sviluppo del pensiero in nessun campo del sapere. Solo la nostra ignoranza ce li fa considerare come cervelloni. Argomento che andrebbe approfondito per rendersi conto del fatto che costoro costituiscono la nuova classe intermedia prodotta dalla rivoluzione tecnologica.

Il nostro spingere verso un rifiuto conoscitivo dell’intero bagaglio tecnologico è un modo concreto di porsi il problema di ostacolare lo sviluppo produttivo del capitale.

La nostra ricerca di un radicale cambiamento sociale ci ha fatto riflettere sul fatto che, anche in campo scientifico, le più grandi scoperte l’uomo le ha fatte proprio nel momento in cui il principio di autorità è risultato assente o vacillante a tutti i livelli nella società costituita, come è accaduto al principio di questo secolo. Non si può essere rivoluzionari solo in rapporto ad una struttura sociale che non si accetta, ma bisogna esserlo in tutti i campi, compreso quello scientifico, visto che il compito che si vuole assolvere è quello della radicale distruzione dell’ordine dominante che ha radici ovunque e, di conseguenza, va attaccato ovunque. Il solo atteggiamento da tenere nei riguardi dei padroni della scienza, è quello di scorgere, in prospettiva, cosa nascondono dietro le cose più innocue ed umanitarie che, di volta in volta, presentano al grande pubblico di profani che si limita ad ascoltare stupefatto. Questo riveste per noi una grande importanza, dato che siamo abituati quasi sempre ad accorgerci solo delle cose più vistose e superficiali che ci circondano.

I padroni, i governanti e i loro servitori si preoccupano molto di evidenziare certe cose, quel tanto che basta per catturare la nostra innata curiosità, spingendoci a guardare verso tutto quello che, in realtà, non riveste concreta importanza. In questo modo ci fanno tralasciare le cose più importanti che vanno poi realizzate a nostra insaputa, sulla nostra pelle.

Non dobbiamo sottovalutare l’intelligenza del nostro nemico, se no si finisce per andare incontro ad amare disillusioni, come è accaduto in un recente passato. Lo scopo di chi domina è quello di impiegare tutti gli strumenti che l’attuale conoscenza scientifica offre, non certo per liberare o alleviare la sofferenza dell’umanità ma per farla continuare a soggiacere dentro gli attuali rapporti di dominazione, che di volta in volta vengono modificati. Il capitale e lo Stato si trovano costretti a questa incessante modificazione proprio a seguito delle lotte che i proletari sostengono giornalmente contro di loro. Comunque, nonostante le grandi ricchezze che vengono devolute ogni giorno in questo attacco contro i proletari, la cosa è sempre più difficile e problematica, perché in fondo, basta poco a chi si rivolta per mandare a catafascio tutti i progetti di una gestione indolore del dominio.

I rivoluzionari partono da questo impercettibile vantaggio nell’attaccare il capitale e lo Stato, una volta però che manifestino l’intenzione di volerli distruggere radicalmente, sulle basi di una lotta sociale globale la quale, per sua natura, non riconosce alcun limite, né tende né vuole concedere al nemico alcuna tregua. Qui stanno racchiuse le ragioni rivoluzionarie del perché bisogna distruggere l’intero apparato tecnologico, al di là dell’uso che molti pensano di farne in futuro.

Tutto questo per evitare che la lotta sociale rivoluzionaria cada nella trappola tesa dai radical-riformisti, i quali, della distruzione parziale delle strutture di dominio, hanno fatto il punto di partenza della ristrutturazione.

Siamo quindi contro coloro che sostengono la critica politica, anche nel campo della scienza, poiché tale critica cerca sempre di ridurre le ragioni di un’opposizione radicale ad una semplice questione di dettaglio riguardante certe scelte operative. Così facendo, i sostenitori della critica politica cercano un aggiustamento e un accordo col nemico di classe che si dimostra intelligentemente disposto a modificare formalmente la propria posizione, e ciò allo scopo di ricostruire un nuovo e più razionale consenso attorno alle istituzioni minacciate.

Nessun feticcio deve albergare nelle nostre menti. Se abbiamo avuto la forza di costruirci mille catene, possiamo avere anche quella di spezzarle. Dipende da noi e dalla convinzione  che avremo di spingerci coerentemente oltre le barriere dei pregiudizi e dei tabù, costituiti a tutti i livelli. (…)

L’ottusità dell’essere sempre disposti a ricominciare sta nelle ragioni di chi non ha mai smesso di farlo, nemmeno nei momenti più bui, cosciente che senza sogni da realizzare o avventure esistenziali da percorrere, da solo o insieme ad altri, non si riuscirebbe a vivere ma solo a vegetare.

Pierleone Porcu, Viaggio nell’occhio del ciclone, Ed. Anarchismo, Opuscoli provvisori

Pubblicato su “Anarchismo” n. 56, marzo 1987, pag 20-45

Disponibile in distribuzione e per la consultazione.

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Nuovi titoli in Biblioteca

Un po’ di nuovi titoli catalogati e disponibili per la consultazione.

  • s. a., L’umanità contro il vaiolo. Riflessioni storiche al di là del trionfo della Tecnica, ed. ACRATI, 2021, pag. 16;
  • Errico Malatesta, Rivoluzione e lotta quotidiana. Scritti scelti, ed. Antistato, 1982, pag. 297;
  • Marco Rossi, Avanti siam ribelli. Lanciotto Ballerini e i Lupi Neri. Monte Morello 1943-’44, Autoproduzioni Ateneo Libertario, 2020, pag. 36;
  • Antonio Caronia / Massimiliano Mazzotta, L’oro nero dei Moratti. Oil secondo tempo, ed. BePress, 2011, pag. 143 + DVD;
  • Marco Valsecchi, Il Passatore. Re della strada, re della foresta, ed. Bevivino, 2005, pag. 125;
  • Guido Barroero, I Figli dell’Officina. I Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria (1949-1957), ed. Centro Documentazione Franco Salomone, 2013, pag. 253;
  • Gabriele Fuga / Enrico Maltini, Pinelli. La finestra è ancora aperta, ed. Colibrì, 2016, pag. 171;
  • L.A.S.E.R. (Laboratorio Autonomo Scienza Epistemologia Ricerca), Scienza Spa. Scienziati, tecnici e conflitti, ed. Derive Approdi, 2002, pag. 167;
  • Cristina Balzano, Cento anni di cinema civile. Dizionario cronologico tematico, Editori Riuniti, 2002, pag. 380;
  • Osvaldo Bayer, Patagonia rebelde, ed. Eléuthera, 2020, pag. 191;
  • Pierre Clastres, L’anarchia selvaggia, ed. Eléuthera, 2021, pag. 142;
  • John K. Cooley, Una guerra empia. La CIA e l’estremismo islamico, ed. Eléuthera, 2000, pag. 399;
  • Gustav Landauer, La comunità anarchica. Scritti politici, ed. Eléuthera, 2012, pag. 187;
  • Ahmed Othmani, La pena disumana. Per una critica radicale del carcere, ed. Eléuthera, 2011, pag. 142;
  • Marcus Rediker, Canaglie di tutto il mondo, ed. Eléuthera, 2020, pag. 228;
  • Marshall Sahlins, L’economia dell’età della pietra, ed. Eléuthera, 2020, pag. 452;
  • AA. VV., I Tupamaros in azione. Testimonianze dirette dei guerriglieri, ed. Feltrinelli, 1971, pag. 248;
  • Alain Labrousse, I Tupamaros. La guerriglia urbana in Uruguay, ed. Feltrinelli, 1971, pag. 212;
  • Enrico Ferri, Studi su Stirner. L’Unico e la Filosofia dell’Egoismo, ed. La Fiaccola, 2021, pag. 252;
  • Marco Piracci, Cyborg, ed. La Fiaccola, 2020, pag. 87;
  • AA. VV., Tortura fuorilegge, ed. Forum, 2021, pag. 127;
  • Carlo Carotti, Alla ricerca del paradiso. L’operaio nel cinema italiano 1945-1990, ed. Graphos, 1992, pag. 180;
  • James Lucas, Gli ultimi giorni del Reich, ed. Hobby & Work, 1998, pag. 320;
  • AA. VV., Contributi dalla Fiera del Libro Anarchico. Marsiglia 2019, ed. L’Impatience, 2021, pag. 114;
  • Guy Debord, Rapporto sulla costruzione delle situazioni e sulle condizioni dell’organizzazione e dell’azione della tendenza situazionista internazionale, ed. Nautilus, 2007, pag. 43;
  • s. a., Max Stirner e la filosofia dell’insurrezione: uno strumento in più per l’approccio a L’Unico e la sua proprietà, ed. Nero Abisso, s. d., pag. 78;
  • Stepniak (Sergej Michajlovic Kravcinskij), Morte per morte, ed. Nero Abisso, 2021, pag. 31;
  • Mariarosa Dalla Costa, Donne e sovversione sociale. Un metodo per il futuro, ed. Ombre Corte, 2021, pag. 116;
  • Dario Paccino, L’imbroglio ecologico. L’ideologia della natura, ed. Ombre Corte, 2021, pag. 233;
  • s. a., Varkarides. I battellieri. Il gruppo nichilista di Salonicco 1898-1903, ed. Sabot Biblioteca Anarchica, 2021, pag. 56;
  • s. a., 5G & energia: i buchi nella rete. Fra sineddochi e paradossi, s. e., 2021, pag. 44;
  • I giorni e le notti n°13. Rivista anarchica, luglio 2021, pag. 93;
  • Nega-Zine n°5, ed. Anarchismo, 2021, pag. 61;
  • Nunatak n°60. Rivista di storie, culture, lotte della montagna, maggio 2021, pag. 64;
  • Nunatak n°61. Rivista di storie, culture, lotte della montagna, agosto 2021, pag. 64;
  • Nurkuntra n°3. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, febbraio 2019, pag. 64;
  • Nurkuntra n°4. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, luglio 2019, pag. 64;
  • Nurkuntra n°5. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, dicembre 2019, pag. 64;
  • Nurkuntra n°6. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, maggio 2020, pag. 64;
  • Nurkuntra n°7. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, novembre 2020, pag. 64;
  • Nurkuntra n°8. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna ed oltre…, febbraio 2021, pag. 64;
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Schegge d’Anarchia

Letture sparse di storia e teoria del movimento anarchico e sovversivo dagli albori ad oggi.

Le idee e le azioni di rivolta hanno sempre accompagnato la storia.

L’arsenale che si portano dietro è stimolo, spunto, riflessione, consapevolezza.

Non resta che cercare.

Ogni mercoledì dalle 18:30

Biblioteca anarchica disordine, via delle anime 2/b, Lecce

Schegge

 

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Novità in distribuzione

  • Osvaldo Bayer, Patagonia rebelde, ed. Eléuthera, 2020, pag. 191, € 13;
  • Pierre Clastres, L’anarchia selvaggia, ed. Eléuthera, 2021, pag. 142, € 10;
  • Voltairine De Cleyre, Un’anarchica americana, ed. Eléuthera, 2017, pag. 183, € 11;
  • Gustav Landauer, La comunità anarchica, ed. Eléuthera, 2012, pag. 187, € 11;
  • Markus Rediker, Canaglie di tutto il mondo, ed. Eléuthera, 2020, pag. 228, € 14;
  • Marshall Sahlins, L’economia dell’età della pietra, ed. Eléuthera, 2020, pag. 452, € 20;

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