Brecce

Telecamere ovunque, controllo diffuso, mercificazione dei luoghi e delle persone, nocività a non finire, repressione, la stessa galera: sono alcune delle tematiche che vogliamo trattare con questi fogli affissi ai muri della città per esprimere ciò che pensiamo dopo esserci guardati attorno. Per agire dopo avere provato a riflettere. Mettere in discussione, scardinare, divellere, aprire brecce. Nelle nostre teste e nei nostri cuori prima di tutto, nel luogo che abitiamo in seconda battuta. Un progetto ambizioso, un mezzo molto semplice. E nell’usarli ci rivolgiamo a quanti possono comprendere la rabbia che ci portiamo dentro e il sogno costante nei nostri pensieri.

Evadere da un carcere non è cosa facile. Le mura che si hanno intorno sono alte e consolidate. Ma chiunque provi a riprendersi la libertà fa la cosa più ragionevole che si possa fare, che riesca o meno nel suo intento. Allo stesso modo, quale altra scelta si pone in questa realtà sociale?

Un varco, una breccia che si apre in un muro al fine di farlo cadere è quanto di più urgente ci pare debba succedere. Le mura fisiche di un carcere in cui detenere e contenere coloro che sfuggono alla logica e alle regole di questa società sono l’emblema e la struttura portante di quello che vorremmo veder crollare.

Il punto di vista che vogliamo affrontare quindi, è quello che va oltre le convinzioni consolidate, le opinioni diffuse, le gabbie imposte, la pubblicità mediatica. Non siamo merce di scambio, in nessun caso, e da qui partiamo per ribadire ciò che ci preme in una città sempre più devota a diventare vetrina intoccabile, spazio chiuso e limitato per chi non rientra nella categoria del ricco turista.

Un foglio o un martello, strumenti validi entrambi, racchiusi in una metafora che possa
renderli una cosa sola.

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