CERTI GESTI PARLANO DA SOLI!

Pensare che il Fascismo sia ormai il passato può essere un errore grossolano se si guarda invece all’espandersi di gruppi neofascisti e neo xenofobi che alimentano e soffiano sulla paura nei confronti del diverso e dello straniero.

Sostenuti in questo dai media che, quotidianamente, colonizzano le menti, associando ai problemi di casa e lavoro le questioni riguardanti l’immigrazione e facendo passare l’idea che la causa di tutto siano proprio gli stranieri. Omettono naturalmente di dire che il problema sono coloro che innalzano muri e frontiere e sfruttano e devastano in giro per il mondo. E per far ciò non si fanno problemi di razza o di lingua, poiché l’unica che riconoscono è quella del denaro e del profitto.

Utili pedine a fomentare la guerra tra poveri, i neofascisti appartenenti a gruppi vari, Casapound o Forza Nuova, continuano a parlare di cadaveri: patria, identità, razza, suolo, proponendo modelli autoritari e gerarchici. Niente di più insopportabile e vetusto, se non fosse che tali concetti servono appunto all’Economia e alla politica che l’amministra per alimentare paura e terrore. A quanto pare alcuni di questi neofascisti, locali e non, se ne andavano in giro, quest’estate, per le strade di Lecce, molestando ragazze, sentendosi in branco maschi e virili, terrorizzando chi portava una maglietta di sinistra o chi, straniero, dormiva su una panchina e cercando in giro, i nemici dei fascisti.

E a quanto pare i nemici dei fascisti si sono presentati!

Come sempre accade, subito dopo è intervenuta la repressione e ha avuto la meglio, riuscendo a trasformare in docili agnellini quei neofascisti che tentavano di incutere paura e terrore in strada.

La repressione ha toccato anche gli antifascisti con misure cautelari che vietano la permanenza in città.

Poiché il nostro assillo è la libertà, non possiamo che dirci ancora una volta contro il fascismo ed esprimere la nostra solidarietà a chi resiste e si batte contro esso e per questo subisce la repressione; ma poiché il nostro assillo è anche l’etica, il nostro disprezzo va a chi infama gli altri, a qualsiasi colore appartenga.

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Democrazia o libertà!

Molto spesso si sente dire in giro: “Questa non è Democrazia!”.

Eppure, dalle guerre allo sfruttamento dei territori, fino allo spossessamento di milioni di individui nel mondo, sembra che tutto venga realizzato grazie anche alle regole democratiche che si adattano o si conformano alle necessità di cui l’Economia, di volta in volta ha bisogno. Prendiamo l’esempio dei diritti umani. Senza fare digressioni storiche o filosofiche che ci porterebbero a parlare, inevitabilmente, di inclusione ed esclusione, e prendendo per buona la loro essenza, essi – si dice a ragione – vengono calpestati in Paesi come Turchia o Israele che rappresentano delle perfette democrazie. Funge da esempio la più grande democrazia del mondo, gli USA dove, periodicamente, i neri vengono assassinati in strada dalla polizia. Fino ad arrivare all’elenco lunghissimo dei morti ammazzati nel Bel Paese per mano, anche qui, delle forze dell’ordine.

Certo, sono argomenti facili se vogliamo, ma il problema è che questi episodi non sono affatto errori o eccezioni opera di mele marce, sono parte intrinseca di un sistema di diritto in cui coloro che hanno il potere hanno il monopolio della violenza e governano sul resto dei sudditi, imponendo loro qualsiasi decisione: economica, ambientale, militare, sociale ecc.

La farsa della partecipazione serve solo a consolidare il sistema.

Altre volte capita di sentire: “Questa non è Democrazia, ma Fascismo”. In effetti un controllo sempre più asfissiante, un azzeramento delle conoscenze e delle esperienze e una rappresentazione che sempre più si sostituisce alla realtà, sembra paventare un totalitarismo altrettanto insidioso e invadente. Eppure il Fascismo, almeno in Italia, lo si è conosciuto per quello che era: un regime autoritario, gerarchico e monopolizzante che non consentiva alcuno spazio al di fuori di esso e reprimeva il dissenso con la censura, la tortura e la morte. Le similitudini possono anche farsi, ma è bene considerare anche le differenze e grazie a ciò riconoscere coloro che, come i gruppi neo fascisti, vorrebbero ritornare a quell’epoca. Ad un certo punto, molti anni fa in Italia, alcuni decisero che quel monopolio della violenza doveva cessare e impugnarono le armi contro il regime fascista. E ciò avvenne da subito e oltre la fine di quell’esperienza. Proclamata la Repubblica, molti partigiani rimasero in carcere anche alcuni decenni oltre la fine della guerra, mentre tutti i fascisti vennero liberati e tornarono a riprendere il posto che avevano occupato prima. La Costituzione che si dice nata dalla Resistenza, non ha difeso allora coloro che si erano battuti per eliminare la sopraffazione fascista; non è servita poi quando lo Stato ha messo le bombe sui treni e nelle piazze, non ha funzionato quando l’Italia è andata in giro per il mondo a esportare guerra e democrazia con torture e massacri come in Libia, non serve oggi, quando il Mediterraneo si riempie di morti. Il Si al Referendum vorrebbe accentrare il potere in mano al governo e rendere più difficile la partecipazione di altri poteri, il No vorrebbe difendere o aumentare la Democrazia.

Ma per aumentare la libertà non servono né l’uno né l’altro.

Serve l’autodeterminazione a spazzare via questo modello da sempre iniquo e totalizzante.

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CONTRO LE GUERRE, CONTRO LE FRONTIERE

L’esercito combatte”, è il titolo delle giornate in ricordo della prima guerra mondiale che partono da Lecce il 21 maggio per spostarsi poi in altre città italiane.

Questo ennesimo tentativo di presentare guerra, soldati e armi da guerra come innocui e tutto sommato divertenti, impressiona e disturba profondamente.

La prima guerra mondiale che si intende ricordare è stata un massacro terrificante di generazioni intere di cui non c’è davvero nulla da esaltare, anzi, l’unico suggerimento che può dare è quanto faccia schifo combattere per la patria e quanto la patria, o l’economia ai nostri tempi, consideri meri numeri coloro che manda al fronte e mere variabili le conseguenze che possono derivare: case, ospedali, civili bombardati: i cosiddetti effetti collaterali. Oggi le guerre sono sempre più tecnologiche, ma allo stesso modo producono morti e distruzione. Non esiste alcun valore positivo da attribuire ad una macchina di morte o ad un soldato: sono solo strumenti nelle mani di chi intende accaparrarsi risorse, gestire un’area nel mondo, accrescere la propria egemonia. La patria e il nazionalismo sono, a volte, gli appigli ideologici per far nascere conflitti. Ma è di fatto l’Economia a utilizzare la guerra come mezzo di ristrutturazione o profitto. Se il crescente nazionalismo dei primi del Novecento ha portato ad una guerra mondiale, tragica e sanguinosa, oggi, allo stesso modo, si innalzano muri e barriere e si militarizzano le frontiere. La guerra dichiarata è contro i più poveri, gli erranti, coloro per i quali l’Economia e gli Stati hanno deciso che non esiste più un posto nel mondo.

Le giornate come quelle in programma vogliono insinuare la normalità della presenza militare, nelle città come nelle strade. Una logica militare gerarchica e oppressiva viene presentata come un modello eroico da ammirare. Si diffonde l’idea che il mestiere del soldato non sia fare la guerra, e quindi ammazzare, ma aiutare la gente. Un aiuto che si è potuto vedere all’opera sempre più spesso, dalle torture e gli stupri in Somalia nel ’93, alle sevizie ad Abu Ghraib, all’“annichilimento” di Falluja, dove si massacravano uomini e donne ridendo e divertendosi. E mentre si prepara un’imminente operazione in Libia, cercano di far passare il messaggio che questa sia indispensabile per combattere lo Stato Islamico che commette attentati in Europa. Ma quegli attentati e quei morti sono il frutto di un ennesimo esercito e di un ennesimo Stato – seppure islamici –, oltreché l’effetto nefasto di una guerra che torna indietro; la conseguenza velenosa delle innumerevoli guerre che l’Occidente ha combattuto in tutto il mondo nell’ultimo quarto di secolo, fomentando l’odio nel cuore di molti che le hanno subite.

Disertare questo genere di manifestazioni è il primo passo per disertare una mentalità militarista che sempre più vogliono inculcarci, per tornare a gridare con forza: soldati assassini, guerre infami.

                                           Antimilitaristi

(Volantino diffuso a Lecce)

Contro le guerre pdf

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IL DISORDINE DEI SOGNI

Lo cantavano, secondo le belle parole di Fabrizio De André, gli insorti del Maggio francese, e con essi una intera generazione, composta da individui che affermavano “siamo realisti, chiediamo l’impossibile”, che “non chiedevano niente, volevano tutto”, e che avevano capito che “non si può ragionare liberamente all’ombra di una chiesa”.

Per alcuni sono cose lontane, passate, consegnate allo sguardo rivolto all’indietro degli storici o agli scaffali ammuffiti dell’Accademia. Ma non per tutti. A quasi cinquant’anni di distanza c’è ancora chi ha voglia di cantare il Disordine dei sogni.

Biblioteca Anarchica Disordine è il nome che abbiamo deciso di dare ad uno stabile che abbiamo occupato in via delle Giravolte, 19 a Lecce, di proprietà della Chiesa.

Biblioteca, perché vi troveranno sede volumi del movimento anarchico internazionale e di movimenti di lotta in generale; crediamo ancora che in un mondo dominato da idee virtuali, espressione di una vita senza vita consumata davanti agli schermi alla ricerca di “amici” mai visti e conosciuti e nella spasmodica ricerca di un numero sempre maggiore di “Mi piace”, nei volumi strappati alla polvere sia ancora possibile trovare i germi di un’idea che faccia battere i cuori e uno stimolo alla voglia di cambiare il mondo.

Anarchica, perché in questa Idea vediamo la prospettiva per la realizzazione di quel Disordine così urgente da riportare alla luce, e perché le idee contenute in quei volumi non restino solo nei cuori di chi legge, ma si rovescino nell’azione quotidiana, secondo il principio anarchico che teoria e azione non debbano mai essere separate.

Disordine, perché non è questo a farci paura, ma il suo opposto. Quell’Ordine quotidiano fatto di polizia, regole, imposizioni, leggi, politica. Un Disordine che esprima la vita contro un Ordine mortifero fatto di guerre, massacri, frontiere, economia. Un Disordine vitale fatto di gioia, lotta, rivolta contro un Ordine annichilente fatto di lavoro, consumo, divertimento imposto in un tempo libero mercificato.

Uno spazio in cui discussione, approfondimento e critica servano ad affilare le armi per tentare la scalata dei propri sogni, lontano da ogni forma di autorità e di gerarchia.

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