[…] Vi fu dunque una morale dello Stato tutta diversa, o piuttosto del tutto
opposta alla morale privata degli uomini. Nella morale privata, se non viziata dai dogmi religiosi, c’è un fondamento eterno, più o meno riconosciuto, compreso, accettato e realizzato in ogni società umana. Questo fondamento non è che il rispetto umano, il rispetto della dignità umana, del diritto e della libertà di tutti gli individui. Rispettarsi reciprocamente, ecco il dovere di
ognuno; amarsi, ecco la virtù; violare tali dettami, ecco il delitto. La morale dello Stato è del tutto opposta a questa morale umana. Lo Stato s’impone a tutti i suoi sudditi come lo scopo supremo. Servire la sua potenza, la sua grandezza con tutti i mezzi possibili e impossibili anche se contrari alle leggi umane e al bene dell’umanità, ecco la virtù, perché tutto ciò che contribuisce alla potenza e all’ingrandimento dello Stato è il bene; ogni cosa contraria, sia pure
l’azione più virtuosa, più nobile dal punto di vista umano, è il male. Perciò
gli uomini di Stato, i diplomatici, i ministri, tutti i funzionari dello Stato
hanno sempre usato delitti, menzogne e tradimenti infami per servire lo Stato.
Dal momento che una cattiva azione è commessa per servire lo Stato, diviene
un’azione meritoria. Tale è la morale dello Stato; cioè la negazione stessa
della morale umana e dell’umanità.
La contraddizione sta nell’idea stessa di Stato. Lo Stato universale non avendo
mai potuto realizzarsi, ogni Stato è un’entità ristretta comprendente un
territorio limitato e un numero più o meno ristretto di sudditi. L’immensa
maggioranza della specie umana resta dunque al di fuori di ogni Stato, e
l’umanità intera è divisa in una pleiade di Stati grandi, medi o piccoli, ognuno
dei quali, sebbene non comprenda che una ristrettissima parte della specie
umana, si proclama e si pone come rappresentante dell’intera umanità e come
qualche cosa di assoluto. […] Così basta che uno Stato dichiari la guerra a un
altro perché permetta, anzi, comandi ai sudditi di commettere contro i sudditi
dello Stato nemico tutti i delitti possibili: l’assassinio, lo stupro, il furto,
la distruzione, l’incendio, il saccheggio. E tutti questi delitti sono
considerati come benedetti dal Dio dei cristiani, che ognuno degli Stati
belligeranti considera e proclama suo partigiano e non dell’altro; ciò che
naturalmente deve mettere in serio imbarazzo questo povero buon Dio, in nome del
quale i più orribili delitti sono stati e continuano ad essere commessi sulla
terra. È per questo che siamo nemici del buon Dio, e consideriamo questa
finzione, questo fantoccio divino, una delle principali sorgenti dei mali che
tormentano gli uomini.
E allo stesso modo siamo avversari accaniti dello Stato, di tutti gli Stati,
poiché fino a quando ci saranno Stati non ci sarà l’umanità, e finché ci saranno
Stati, la guerra e gli orribili delitti della guerra, la rovina, la miseria dei
popoli, che ne sono le inevitabili conseguenze, saranno permanenti.
Finché ci saranno Stati, le masse popolari, anche nelle repubbliche più
democratiche, saranno schiave di fatto, perché non lavoreranno in vista della
propria felicità e ricchezza, ma per la potenza e la ricchezza dello Stato. E
che cosa è lo Stato? Si pretende che sia l’espressione e la realizzazione delle
utilità, del bene, del diritto, della libertà di tutti. Ebbene, chi lo pretende
mente come mentono coloro che considerano il buon Dio protettore di tutti. Da
quando la fantasia di un essere divino si è formata nell’immaginazione degli
uomini, Dio, tutti gli dèi, e fra loro soprattutto il Dio dei cristiani, hanno
sempre preso la parte dei forti e dei ricchi contro le masse misere e ignoranti
e hanno benedetto, a mezzo dei preti, i privilegi più rivoltanti, le oppressioni
e gli sfruttamenti più infami.
Allo stesso modo lo Stato non è altro che la garanzia di tutti gli sfruttamenti
a profitto di un piccolo numero di felici privilegiati e a detrimento delle
masse popolari; esso adopera la forza collettiva e il lavoro di tutti per
assicurare la felicità, la prosperità e i privilegi di pochi, a danno del
diritto umano di tutti. È una fabbrica nella quale la minoranza fa l’azione del
martello e la maggioranza dell’incudine.
Michail Bakunin, La Comune e lo Stato, ed. Anarchismo, 2015, pag. 80, € 4
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