“Ognuno è matto nella sua maniera” sentenzia il Giusti; e la mia maniera di esserlo è affatto innocua, passiva. Ho contribuito a rovinar me stesso per la causa comune, e mi tormento in eterno il cervello ed il cuore pel mio nobile ideale. Altri son matti nella maniera diametralmente opposta: rovinano il proprio simile, magari stretto congiunto, per vile e ributtante interesse personale. Chi di noi il pazzo più pernicioso?… Ma l’orgoglio umano non ragiona; guai a chi lo scalza!
E se è vera la scala fabbricata dal prof. Lombroso e compagni, quella cioè che dall’anomalo, dall’esaltato, dall’originale, dall’eccentrico va sino al matto, Lombroso che conosce così bene la materia, sarà di certo a capo di essa scala. Difatti, egli nel corso di sua vita, avrà voluto appagare molti suoi desideri bizzarri, sarà quindi mattoide; avrà avuto qualche momento di mestizia, sarà quindi lipemaniaco; avrà creduto che altri non riconosca i suoi meriti letterari e scientifici, sarà dunque delirante di persecuzione; vorrà scriver sempre e non saranno i suoi scritti tutta farina del suo sacco, sarà dunque kleptografomane; crederà alla propria infallibilità nella sua qualifica di pontefice della scuola psichiatrica, sarà dunque megalomane; sognerà pazzi dappertutto, ed eccolo ancora allucinato. (…)
Io porto il titolo di pazzo come altri quel di cavaliere; ugual merito nell’uno e nell’altro! Purtroppo è più pazzo degli altri e degno di star tappato in un manicomio speciale, segregato cioè, dall’universale, quegli che vola alto, sublime, lasciandosi indietro con un palmo di naso la mediocrità rancida, oltracotante de’ così detti savi che s’impone e vuole il primato ad ogni costo.
Giovanni Antonelli, Il libro di un pazzo, 1893