Quando pian piano ritornò alla realtà, con ancora frammenti di sogno alla memoria, non aprì subito gli occhi ma si sforzò di non perdere il contatto con l’altrove, ritardando l’incontro con l’adesso.
…Era come una grotta del sentiero stretto e tortuoso… odori di muschio antico… rumori leggeri e ritmici, come sistole e diastole scandenti il passare del tempo, stalattiti e stalagmiti a misurarne il deposito, l’ampiezza del dolore e dell’attesa… andare avanti per ritornare all’origine… avanti fino alla fine della grotta, l’inizio del tutto… alla fine del sentiero, quando l’odore muschiato si fa irresistibile, quando il traguardo, la calda cuccia, l’accogliente alveo è quasi raggiunto, il risveglio… il ritorno di una mancata partenza…
Aprì gli occhi ritornando all’eccitazione dell’adesso.
Nel suo spazio recintato c’era solo una branda, un tavolino, uno sgabello, un piccolo armadietto a muro, una piccola finestra troppo in alto per guardare fuori, una porta di ferro e quattro mura. I suoi unici averi erano una matita, una gomma ed una fervida fantasia continuamente braccata dal dilagante grigiore.
Sul tavolino disegnò una fumante tazza di caffè ed una brioche. Iniziò a sbocconcellare e a sorseggiare lentamente, assaporando l’ultimo miracolo della sua fantasia. Poi, cancellò con cura le piccole briciole e la tazza vuota. Dopo qualche frammento di eternità, iniziò a disegnare sul muro: un prato fiorito, qualche albero, un fiume, un cane, una giovane ragazza seduta sull’erba.
Si sdraiò sulla branda e per lungo tempo fissò la ragazza, aspettando. Lei non veniva da lui e lui non poteva andare da lei. Stette molto tempo ad aspettare, ma non accadde proprio nulla. Allora, lentamente e dolorosamente, iniziò a cancellare sé stesso, finché non rimase che una cella vuota.
Questo piccolo fatto, come tanti analoghi, non sollevò alcuna indignazione.
Horst Fantazzini, Bursto Arsizio 1988
Tratto da Ormai è fatta! ed. Nautilus – El Paso
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