Ciao Chopper
Se n’è andato così, facendo progetti per il futuro, com’era abituato a fare da sempre.
Iconoclasta, anticlericale irriducibile, ha vissuto la sua vita lottando contro i dogmi religiosi di quella millenaria istituzione repressiva della vita e scuola di sottomissione che è la Chiesa cattolica.
Questa sua lotta gli è valsa l’appellativo di pazzo, di disagiato mentale, e le ire e le risatine dei bigotti, dei benpensanti e della cosiddetta gente comune. Chi lo ha conosciuto bene lo ha invece amato per la sua natura generosa e gentile.
Non sono bastati quarant’anni di persecuzione psichiatrica a spezzare la sua indole e la sua lotta. Non sono stati sufficienti la farmacologia, gli innumerevoli trattamenti sanitari obbligatori e i ricoveri nei reparti psichiatrici di molti ospedali salentini. Chopper ne è uscito ogni volta più forte e più determinato, pronto a ricominciare nuovamente daccapo e a imbastire nuovi progetti “folli”, nel senso più bello del termine…
Quasi dispiace oggi che Dio non esista, perché sarebbe stato bello vedere Chopper presentarsi al suo cospetto per oltraggiarlo direttamente, col suo linguaggio da fantasista della parola, per poi riderne assieme ai suoi amici e ai suoi compagni.
Compagni che lo hanno conosciuto, apprezzato e voluto bene, restandogli accanto in ogni momento. Ora lui non c’è più, ma restano le sue idee che – proprio come la figura della Fenice che tanto amava – risorgono ogni volta dalle proprie ceneri.
Gli Anarchici
Elogio di un delicato
Ci sono vite che lasciano il segno e non solo nel cuore e nei ricordi dei propri cari. Chopper è stata una di queste. Sognatore instancabile, animo sensibile e delicato, ha speso la sua vita lottando: contro la religione e il clero, da sempre fonte di oppressione e oscurantismo, contro le gabbie della società, sempre pronta a giudicare e reprimere chi è diverso, non allineato, “folle”.
Chopper ci ha insegnato molto, con la sua passione per il mare e la natura e i suoi progetti di piantare alberi ovunque. Con la sua indole libera, che viveva come una catena anche i propri vestiti. Con la sua tenacia nel lottare contro il fideismo religioso, la più perniciosa delle credenze, come lui la definiva. Chopper ha pagato alto il prezzo del suo essere e dei suoi gesti essendo stato sottoposto a numerosi TSO che tuttavia non lo hanno mai domato. Egli era profondamente consapevole di se stesso, di ciò che la vita gli aveva riservato, e di ciò che la religione e la psichiatria, in questo caso a braccetto, gli avevano arrecato. Oltre alla gioia, alla profondità e sensibilità, all’ironia, era l’inquietudine ad essere sempre presente nei suoi pensieri. Ed è ciò che la società, con le sue regole e i suoi schemi, non ha saputo e voluto accettare. E Chopper ha sentito spesso il peso di una comunità chiusa, incentrata sui suoi riti e poco disponibile ad aprirsi alla fantasia di un delicato. Una comunità che osanna ogni anno un santo, Giuseppe da Copertino, che prima di essere riconosciuto tale dalla Chiesa, nel tentativo di recuperare il seguito che aveva tra la gente, è stato perseguitato e processato perché ritenuto pazzo e blasfemo.
Chopper è stato un uomo senza tempo così come i suoi interessi e i suoi studi, dai classici latini e greci, fino alla storia degli indiani d’America, all’anarchismo e all’amore per la musica.
Chopper è ora libero da tutto, dalla struttura in cui si trovava, dal proprio corpo, dai pregiudizi e come amava sempre dire:
Né credo, né clero, né culto. No religions!
Per l’anarchia!
I tuoi compagni e le tue compagne