Storie nostre

Nuovi titoli disponibili per l’acquisto e la consultazione

 

A cento anni dagli arresti di Sacco e Vanzetti negli Stati Uniti:

Ronald Creagh, Sacco e Vanzetti. Un delitto di Stato, ed Zero in condotta, 2017, pag. 229, € 15

Questo studio, basato su un’abbondante documentazione, si legge come un romanzo e appassionerà sia coloro che già conoscono la storia di Sacco e Vanzetti sia quanti vogliono saperne di più sull’America del proibizionismo e l’Europa degli anni ‘folli’.

 

Un secolo fa, una storia di rivolta ed insurrezioni:

Luigi Balsamini / Marco Rossi, I ribelli dell’Adriatico. L’insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920, ed. Zero in condotta, 2020, pag. 159, € 10

Giugno 1920: il Primo conflitto mondiale è terminato da due anni, ma navi da guerra della Marina militare italiana sparano cannonate sulle due sponde dell’Adriatico.
Davanti a Valona bombardano le posizioni degli insorti albanesi che stanno assediando la città per mettere fine all’occupazione coloniale italiana. Ad Ancona, invece, tirano granate sul popolo insorto a fianco dei bersaglieri che si rifiutano d’essere mandati a Valona.
La stampa borghese parla di “moti anarchisti”, ma nonostante il lavoro di agitazione contro il militarismo svolto, sin dai tempi della guerra di Libia, dagli anarchici, dai sindacalisti rivoluzionari dell’USI e dai socialisti “disfattisti”, la rivolta armata di Ancona – largamente spontanea – sorprende tutti e sarà uno dei momenti di più alta conflittualità del cosiddetto Biennio rosso.
La repressione statale ad Ancona causa oltre trenta vittime proletarie, ma il governo italiano è costretto a ritirare le truppe dall’Albania.

 

Marsiglia, mai doma…

Fuoco! Sangue! Veleno! Patto con la morte. Anarchici a Marsiglia alla fine del XIX secolo, ed. Indesiderabili, 2020, pag. 251, € 10

Le storie qui narrate non hanno nulla da spartire con la Storia raccontata dal dominio e dall’accademia che lo rappresenta, né  sono un omaggio feticcio agli uomini e alle donne che ne sono stati protagonisti. Queste storie sono anzitutto un messaggio nella bottiglia raccolto e riscritto con una ferma convinzione: l’unico rischio che i nostri ideali non possono correre è, oggi come ieri, quello dell’oblio. Un omaggio quindi, ma anche un patto di fuoco e sangue con quei compagni di allora perché, ecco l’intento, altri ancora lo stringano, al di là del nostro oggi.

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Novità in distribuzione

Charles Fourier, Il nuovo mondo amoroso

Edizioni Anarchismo, ottobre 2020, pag. 392, € 15

Qui è dell’amore che si parla, qualsiasi aspetto di questo sentimento viene preso in considerazione, senza ombre e senza pudori. E l’amore, se ben si considera, è l’espressione primaria della vita, la più radicale espressione di libertà, l’unica forza che spinge ad andare oltre, sempre più oltre, senza limiti e senza contrassegni, senza connotazioni identificative e senza garanzie.

Se c’è una cosa che Fourier ha capito più di qualsiasi altro teorico che si è inoltrato in questo territorio disagevole, è che non ci sono schemi possibili che si possano giustificare al di là della libera accettazione di tutti coloro che desiderano, liberamente, entrare in gioco. Ecco il termine esatto. In fondo l’amore, la passione, la vita – quindi per molti altri aspetti anche il lavoro – devono essere visti come elementi di un gioco, devono basarsi su di una attrazione passionata, per usare le parole di Fourier, altrimenti si costruiscono bordelli e campi di concentramento, prigioni e governi più o meno illuminati.

 

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Nemici di ogni frontiera

“NEMICI DI OGNI FRONTIERA”

Sulla lotta al Cpt di San Foca.

Presentazione del libro e discussione sulle attuali prospettive di lotta contro i lager per migranti e le frontiere.

A seguire cibo e beveraggi

Spazio distro, autoproduzioni e biblioteca in funzione

Ven 16 ottobre h 18

Masseria autogestita Foresta, Crispiano (Ta)

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Critica della poesia

D’accordo il regno dei borghesi io lo odio

Il regno dei questurini e dei preti

Ma odio anche di più

Chi come me non li odia

Con tutte le sue forze.

Sputo in faccia a quell’ uomo più piccolo del vero

Che a tutte le mie poesie non preferisce

             questa Critica della poesia

Paul Éluard, Poesie

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Novità

Il n°4 della rivista Nega-zine è disponibile in distribuzione, ed. Anarchismo, pag. 75, € 5.

Il sommario di questo numero:

  • Editoriale;
  • Possesso, al di qua di tutto;
  • Processo e progetto;
  • Come possiamo coglierci nella derealizzazione;
  • Attacco e intelligenza;
  • Correlazione fra le tecniche;
  • Su un fantasma in circolazione.

È inoltre nuovamente disponibile in distribuzione, esaurito da tempo e appena ristampato:

  • Alfredo M. Bonanno, Anarchismo insurrezionalista, pag. 191, € 4, collana “Opuscoli provvisori” n°10.

E ancora:

  • Alfredo M. Bonanno, Teoria dell’individuo. Stirner e il pensiero selvaggio, 2012, pag. 388, € 15
  • Alfredo M. Bonanno, Palestina, mon amour, 2012, pag. 336, € 15
  • Alfredo M. Bonanno, L’inquisizione. La tortura in nome di Dio, 2013, pag. 431, € 15
  • Alfredo M. Bonanno, L’ospite inatteso, 2013, pag. 360, € 15
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Libri in distribuzione

Vecchi titoli delle Editziones de su Arkiviu-Bibrioteka “T. Serra” nuovamente disponibili in distribuzione…

 

  • Antonio Roberto Budini (a cura di), Il salto. Spunti di analisi e critica sulla tematica animalista, 2009, pag. 175, € 12 (seconda edizione aggiornata)
  • Un “Copain”, Ricordi su Jules Bonnot e il suo gruppo, 2002, pag. 107, € 5 (seconda edizione)
  • Costantino Cavalleri, L’anarchismo nella società post-industriale. Insurrezionalismo, informalità, progettualità anarchica alle soglie del Duemila, 2006, pag. 160, € 5 (terza edizione con nuovi documenti)

Collana “I Refrattari”

  • … E venne l’epoca di Ravachol. Gli attentati di Ravachol e dei suoi vendicatori. Cronache giudiziarie dell’anarchismo militante 1891-1894, 2018, pag. 159, € 7 (seconda edizione)
  • Vaillant, Henry, Sante Caserio. Gli attentati alla camera dei deputati, al Caffè Terminus e al presidente della Repubblica, Carnot. Cronache giudiziarie dell’anarchismo militante 1893-1894, 2018, pag. 175, € 7 (seconda edizione)
  • Bernard Thomas, La Banda Bonnot, 2002, pag. 239, € 7 (terza edizione)
  • V. Zasulic, O. Ljubatovic, E. Kovalskaja, Memorie di donne populiste, 2006, pag. 238, € 7
  • Ronald (Ronny) Fritzsch, Gerald Klopper, Ralf Reinders, Gaby Rollnik, Fritz Teufel, Klaus Viehmann e Norbert “Knofo” Krocher, Il Movimento 2 giugno. Scritti e testimonianze. La lotta armata a Berlino Ovest e nella Germania Federale, 2009, pag. 255, € 9
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L’arte di vendere

L’autogoverno è inversamente proporzionale al numero. Quanto più vasto l’elettorato, tanto minore il valore del voto. L’elettore si sente impotente, quantità trascurabile, quando sta in mezzo a milioni di suoi simili. I candidati che egli ha eletto stanno lontani, in cima alla piramide del potere. In teoria essi sono i servitori del popolo; ma in pratica sono servitori che danno ordini e il popolo, giù dalla base della piramide, deve obbedire. (…) «L’uno e l’altro partito» scriveva nel 1956 il direttore di un importante giornale economico «metteranno sul mercato candidati e programmi con gli stessi metodi che il mondo degli affari ha inventato per vendere una merce. Fra l’altro la selezione scientifica dei motivi e l’iterazione pianificata… La radio ripeterà, con tensione programmata, i suoi inserti pubblicitari. I manifesti sosterranno parole d’ordine di cui si è studiata l’efficacia… Davanti alla macchina della televisione, ai candidati non basterà voce calda e buona dizione: dovranno avere anche un aspetto “sincero”!».

I mercanti della politica fanno appello solo alla debolezza dei votanti, mai alla forza potenziale. Essi non cercano di portare le masse, attraverso l’educazione, alla capacità d’autogoverno; a loro basta manipolarle e sfruttarle. A questo scopo mobilitano e mettono all’opera tutte le risorse della psicologia e delle scienze sociali. Si fanno “interviste in profondità” a campioni accuratamente scelti dell’elettorato. Queste interviste in profondità rivelano i timori e i desideri inconsci che dominano in una determinata società al momento delle elezioni. Poi gli esperti scelgono frasi e immagini intese a placare o, se necessario, ad acuire quei timori, a soddisfare quei desideri, almeno simbolicamente; le sperimentano sul lettore o sull’ascoltatore, le cambiano e le migliorano alla luce delle nozioni così acquisite. Poi la campagna politica è pronta per la comunicazione di massa. Ora occorrono soltanto quattrini e un candidato che impari a fare la faccia “sincera”. Con la nuova liturgia, princìpi politici e programmi concreti hanno ormai perso gran parte della loro importanza. Contano davvero solo due cose: la personalità del candidato e la maniera in cui la sanno proiettare gli esperti della pubblicità. Il candidato deve essere bello, in qualche modo, o virile o paterno. Deve saper intrattenere il pubblico senza annoiarlo. Il pubblico, avvezzo alla televisione e alla radio, vuole lasciarsi distrarre, e non ama che gli si chieda di concentrarsi, di compiere una lunga fatica intellettuale. Perciò i discorsi del candidato attore devono essere brevi e scattanti. I grandi problemi del momento debbono essere liquidati in cinque minuti al massimo; magari (perché il pubblico non vede l’ora di passare ad argomento più vivace dell’inflazione o della bomba H) in sessanta secondi netti. La natura dell’oratoria è tale che fra i politici e i chierici c’è sempre stata la tendenza a semplificare le questioni complicate. Dalla tribuna o dal pulpito anche al più coscienzioso degli oratori è difficile dire tutta la verità. I metodi che si usano oggi per vendere il candidato politico, come se fosse un deodorante, danno all’elettorato questa garanzia: egli non sentirà mai dire la verità, su niente.

Ritorno al mondo nuovo, Aldous Huxley, 1958

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NON UNA DIFESA

  

Si aprirà l’11 settembre a Lecce, un maxi processone contro quasi un centinaio di manifestanti, accusati, a vario titolo, di essersi opposti alla realizzazione del gasdotto Tap. Una sorta di evento spettacolare con grandi numeri, fatto più per impressionare e lasciare un segno repressivo che in qualche modo sia da monito anche per altri. Al di là della sede scelta per il processo, l’aula bunker, ufficialmente per motivi legati alle norme anti-covid, ufficiosamente per creare un clima adatto alla criminalizzazione dell’opposizione a Tap, che cosa resti nelle mani di accaniti e ligi dipendenti dell’Ordine e dell’Economia, non è molto. Non abbiamo nulla, infatti, da cui doverci difendere. Al contrario: questo processo dovrebbe essere un’accusa che si ribalta contro coloro che devastano la terra, per un progresso che ha svelato il suo volto marcio ormai da secoli. Infrastrutture impattanti, come un gasdotto, alimentano un sistema energivoro che produce solo devastazione, controllo, repressione. Basta guardarsi attorno. Non vi è nulla che non sia connesso e collegato alle altre cose. Per questo non possiamo pensare che la realizzazione di un gasdotto sia solo questo. Esso invece è la realizzazione di un’opera che colonizza i luoghi e le menti. È l’espressione di un sistema economico che sta spingendo al baratro il pianeta, alla morte e alla schiavitù milioni di individui.

Abbiamo una sensazione strana. Da qualche tempo ormai, da quando è scoppiata la questione xylella, questo territorio vive una trasformazione senza precedenti. Sulla morte della foresta di ulivi che lo abitavano, aleggiano gli interessi di lobby varie, dal turismo all’agricoltura industriale, tutto sembra andare nella direzione di un cambiamento economico radicale che impoverirà profondamente la natura di questi luoghi. E nel deserto che avanza, le infrastrutture energetiche troveranno di sicuro meno ostacoli. Tentativi in corso ormai da tempo anche con l’energia rinnovabile. Questo è ciò che sembra stia accadendo. Potremmo sbagliarci, ma che vi sia una lenta espropriazione di questi territori e di coloro che li abitano non sembra affatto fantascienza. Basta vedere che fine hanno fatto le tradizioni musicali, ormai imbalsamate, come in un museo, ad uso esclusivo della società dello spettacolo televisivo. Viene in mente ciò che è accaduto in Argentina, dove i Benetton hanno realizzato un museo dedicato ai Mapuche, dopo averli espropriati, uccisi e repressi, così da eliminarli e zittirli una volta per tutte e rendere testimonianza di ciò che si vuole solo passato. Ecco, nel Salento Nuovo non si vuole più vita ma solo testimonianza, sfruttamento, privatizzazione, morte culturale, omologazione, gentrificazione, emigrazione. Perciò, in questo processo, il posto da imputato è l’unico su cui ci si possa sedere, per avere tentato di opporsi almeno in parte al filo spinato che si sta ergendo davanti a noi. Ed averlo fatto praticamente, lottando, mettendo in mezzo i propri corpi. Se c’è qualcosa da difendere in questa storia, è proprio l’autodeterminazione di alcune decine di individui che, a dispetto di tutto, hanno provato ad essere sabbia negli ingranaggi del sistema industriale. E vanno difese anche le pratiche messe in atto, dai blocchi stradali, ai sabotaggi, dai disturbi arrecati alle ditte coinvolte, alle pietre. Molto poco purtroppo, ma è dall’esperienza che si impara di più, poiché l’esperienza rimane nel vissuto degli individui e delle popolazioni. Per cui, signori giudici, avete ben poco da giudicare. La vostra legge serve a garantire lo sfruttamento e il privilegio. Infrangerla è il minimo che si possa fare.

Alcuni anarchici, imputati e non

Non una difesa

 

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Il mondo nuovo

«Certe volte mille vibranti strumenti cantano alle mie orecchie, e certe volte delle voci».

La faccia del Selvaggio s’illuminò d’improvviso piacere. «L’ha letto anche lei?» chiese. «Credevo che nessuno conoscesse questo libro in Inghilterra».

«Quasi nessuno. Io sono uno dei pochissimi. È proibito, sa. Ma siccome io faccio le leggi, posso anche violarle. Con impunità, signor Marx» aggiunse volgendosi a Bernard. «Mentre temo che lei non possa». […]

«Ma perché è proibito?» domandò il Selvaggio. Nella sua emozione di trovarsi con un uomo che aveva letto Shakespeare, aveva momentaneamente dimenticato ogni altra cosa.

Il Governatore alzò le spalle. «Perché è vecchio; questa è la ragione principale. Qui non ci è permesso l’uso delle vecchie cose».

«Anche quando sono belle?».

«Soprattutto quando sono belle. La bellezza attira, e noi non vogliamo che la gente sia attirata dalle vecchie cose. Noi vogliamo che ami le nuove».

«Ma le nuove sono stupide e orribili! Questi spettacoli dove non c’è nulla all’infuori di elicotteri che volano dappertutto e dove si sente la gente che si bacia». Fece una smorfia. «Caproni e scimmie». Soltanto con le parole d’Otello poté dare un corso adeguato al suo disprezzo e al suo odio.

«Dei buoni animali domestici, dopo tutto» mormorò il Governatore a mo’ di parentesi.

«Perché non fa leggere loro Otello, piuttosto?».

«Gliel’ho detto, è vecchio. D’altra parte non lo capirebbero». […]

«Ebbene, allora» disse dopo una pausa «qualche cosa che somigli a Otello e che essi possano capire». […]

Ribatté il Governatore. «Perché, se somigliasse veramente a Otello, nessuno lo capirebbe, per quanto nuovo potesse essere. E se fosse nuovo, non sarebbe possibile che somigliasse a Otello». […] «Perché il nostro mondo non è il mondo di Otello. Non si possono fare delle macchine senza acciaio, e non si possono fare delle tragedie senza instabilità sociale. Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che può ottenere. Sta bene; al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata né da padri né da madri; non ha spose, figli o amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di comportarsi come si deve. E se per caso qualche cosa non va c’è il soma… che lei getta via, fuori dalle finestre, in nome della libertà, signor Selvaggio. Libertà!» si mise a ridere. «Si aspetta che i Delta sappiano che cos’è la libertà! Ed ora si aspetta che capiscano Otello! Povero ragazzone!». […]

«La popolazione ottima» disse ancora Mustafà Mond «è modellata come un iceberg; otto noni al di sotto della linea d’acqua, un nono sopra».

«E sono felici sotto la linea d’acqua?».

«Più felici che sopra. Più felici di questi suoi amici, per esempio». E li indicò.

«Nonostante il loro lavoro ingrato?».

«Ingrato? Non lo ritengono così. Al contrario, lo amano. È leggero, è infantilmente semplice. Niente sforzo della mente o dei muscoli. Sette ore e mezzo di lavoro leggero e non estenuante, e poi la razione di soma e le copulazioni senza restrizione e il cinema odoroso. Che cosa potrebbero chiedere di più? Naturalmente» aggiunse «potrebbero chiedere qualche ora di meno. E naturalmente noi potremmo concedere loro qualche ora di meno. Tecnicamente sarebbe la cosa più semplice del mondo ridurre tutte le caste inferiori a lavorare tre o quattro ore al giorno. Ma sarebbero più felici per questo? No, non lo sarebbero. L’esperimento è stato tentato più di centocinquant’anni fa. Tutta l’Irlanda fu messa alla giornata di quattro ore. Quale fu il risultato? Agitazione e un largo incremento nel consumo del soma: ecco tutto. Quelle tre ore e mezzo di riposo extra furono così lontane dall’esser fonte di felicità, che la gente si vide costretta ad andarsene in vacanza per sfuggirle. L’Ufficio invenzioni è pieno di progetti per risparmiare la mano d’opera. Ce n’è migliaia». Mustafà Mond fece un largo gesto: «E perché non li mettiamo in esecuzione? Per il bene dei lavoratori; sarebbe pura crudeltà infliggere loro un riposo eccessivo. […] D’altra parte noi dobbiamo pensare alla nostra stabilità. Noi non vogliamo cambiare. Ogni cambiamento è una minaccia per la stabilità. Questa è un’altra ragione per cui noi siamo poco disposti a utilizzare le nuove invenzioni. Ogni scoperta nel campo della scienza pura è sovversiva in potenza; anche la scienza deve talvolta essere trattata come un possibile nemico. Si, anche la scienza». […] «Si,» diceva Mustafà Mond «questo è un altro articolo al passivo della stabilità. Non è solo l’arte a essere incompatibile con la stabilità; c’è anche la scienza. La scienza è pericolosa; noi dobbiamo tenerla con la massima cura incatenata e con tanto di museruola».

«Cosa?» fece Helmholtz al colmo dello stupore. «Ma noi diciamo continuamente che la scienza è di tutti. È una sentenza ipnopedica». […] «Si, ma quale specie di scienza?» domandò sarcasticamente Mustafà Mond. «Voi non avete ricevuto cultura scientifica, e di conseguenza non potete giudicare. Io ero un ottimo fisico, ai miei tempi. Troppo bravo, bravo quanto basta per rendermi conto che tutta la nostra scienza è una specie di libro di cucina, con una teoria ortodossa dell’arte della cucina che nessuno ha il diritto di mettere in dubbio, e una lista di ricette alla quale non si deve aggiungere nulla eccetto che dietro permesso speciale del capocuoco. Adesso il capocuoco sono io».

Il mondo nuovo, Aldous Huxley, 1931

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SPUTIAMO SU DIOr

Chissà se Mons. Seccia sia stato informato che tra le luminarie di p.za Duomo, che hanno fatto da cornice alla pomposa sfilata di Dior a Lecce vi era, tra le altre, una frase di Carla Lonzi, la nota femminista degli anni ’70 che, nel criticare radicalmente il patriarcato e la società maschilista, auspicava la distruzione del matrimonio, la liberazione totale della donna, soprattutto nella sfera sessuale, dominata da un immaginario completamente maschile ed eterosessuale. Insomma tutto ciò di cui la Chiesa (e le varie religioni) è responsabile, avendo contribuito fortemente, nei secoli, a rendere la donna sottomessa. D’altra parte la figura della modella in passerella, anoressica e dalla bellezza omologata, continua a produrre l’esempio di una donna schiava, in serie, usata solo per il suo aspetto fisico, quindi senza individualità e identità. Del resto è ormai da tempo che con questa storia della bellezza, viene distrutta qualsiasi diversità. Non esiste più bellezza perché esiste solo ciò che il Capitalismo fagocita e cancella. Che siano i paesaggi, le città, la natura, la cultura, l’arte, persino il sacro. Il Dio più importante in effetti sembra essere proprio il denaro accumulato nella pancia dei ricchi a scapito di tutti gli altri. Hanno ragione coloro che dicono che nei territori rimangono solo le briciole e che laddove il Capitale mette le sue radici rimangono solo esclusione, sfruttamento ed emigrazione perché alla gente del posto non rimarrà più niente se non la scelta obbligata di cercare fortuna da un’altra parte.

La sfilata di Dior è probabilmente una vetrina per il Salento che contribuirà a renderlo ancor più luogo esclusivo per cannibali di ogni tipo. Dalle coste all’entroterra sarà bomboniera privatizzata, militarizzata e intoccabile, accessibile solo ad élite danarose. Processo già in atto con una gentrificazione che ha trasformato il centro storico ormai da tempo, e con una espropriazione delle coste e delle campagne che diventeranno sempre più proprietà privata di pochi colossi imprenditoriali, come accaduto con Tap, il rinnovabile e il turismo. Ed è imbarazzante come un mediocre burocrate e un giornalaio, di fronte alle telecamere di una specie di regista, sbavino davanti ad una griffe dell’alta moda, espressione del più becero Capitalismo, quello che rivende a migliaia di euro i suoi capi dopo averli prodotti per pochi spiccioli in condizioni di sfruttamento, blaterando di salentinità e amenità simili. Così come è imbarazzante la mercificazione della tradizione musicale, quella che apparteneva ai contadini. Si sarà rivoltata nella tomba, Carla Lonzi, a vedere il suo pensiero svenduto, lei che aveva scritto pagine radicali anche contro il sistema dell’arte, corrotto, patriarcale e in balìa di logiche capitaliste. Ed è proprio questo il punto. Riportando le sue parole “la differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia. Approfittiamo della differenza…”, non si può non pensare che quella differenza sovversiva non può appartenere all’omologazione borghese e aristocratica alla Dior e al lusso ostentato che vilipende la povertà, ma a coloro che aprono possibilità e rotture reali e liberatorie che, in effetti, solo le rivoluzioni hanno fornito.

dior

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