Il grande recupero

Volantone distribuito a Lecce il 22 giugno in occasione della proiezione del documentario «La grande opera», sul gasdotto Tap e relativa opposizione.

E(ste)tica

Secondo Leopardi, la “seconda vista” era caratteristica dell’uomo sensibile e immaginoso, e c’è stato un tempo in cui questa “seconda vista” è stata messa a frutto dal mondo dell’arte, anche in termini di contestazione dell’esistente e dei suoi dogmi. Accadeva in epoca di grandi sogni e grandi speranze… Oggi ai sogni è subentrata la realtà, e la “seconda vista” è stata soppiantata da una forte miopia, che tuttalpiù spinge gli artisti a vedere fino al più vicino scranno del potere, presso cui chiedere udienza per accedere alle briciole di qualche finanziamento pubblico; impossibile pensare in termini di surrealismo, quando ci si accontenta del più becero realismo.

Potrebbero bastare queste poche parole per esprimere il nostro pensiero sul documentario «La grande opera», che pretende raccontare la realizzazione del gasdotto Tap e la relativa contestazione che lo ha accompagnato. Un film che vuole avere una visione «equidistante» tra le forze in gioco, secondo lo sguardo dell’«osservatore sociologico» che non prende posizione tra le parti in causa; evidentemente schierarsi non è da tutti, e men che meno può esserlo per un regista che attinge a finanziamenti istituzionali e lavora per l’Università della Repubblica.

Si tratta in pratica di un’opera di recupero delle istanze di protesta e di pacificazione sociale, nella cui «equidistanza» si manifesta l’idea che nell’imposizione e realizzazione di una grande opera, così come in qualunque altro aspetto della vita sociale, esistano visioni che possono apparire giuste o sbagliate, ma non esiste invece uno scontro di classe perpetuo e secolare tra ricchi e poveri, tra potenti e sottomessi, tra sfruttatori e sfruttati, tra classe dominante e classe subalterna, tra padroni e schiavi, tra inquinatori e vittime dei loro veleni…

Ma un’opera di recupero non è tale solo in virtù di chi la pensa e la realizza ma anche – e forse soprattutto – grazie a coloro che si prestano a parteciparvi, tanto più in una circostanza come quella in questione in cui gli “interpreti” non sono figure assunte ad hoc, ma personaggi – è proprio il caso di dire! – che all’opposizione a Tap hanno preso parte direttamente e preferiamo, per il momento, non entrare nel merito del ruolo che hanno avuto nel fallimento di quella lotta… Basterà per ora sapere che il documentario è stato prodotto anche grazie al sostegno di Apulia Film Commission, emanazione culturale della Regione Puglia il cui governatore, Michele Emiliano, è stato accanito sostenitore della realizzazione del gasdotto, auspicandone solo un diverso approdo. Ma forse gli “interpreti” del documentario tutti questi problemi li hanno messi sotto il tappeto fieri che un giornalista si sia «occupato di una prima fase di osservazione del movimento No Tap, selezionando le persone cinematograficamente più interessanti».

Come dargli torto? Il regista lo ha affermato chiaramente: per lui guadagnare la fiducia dei No Tap «era possibile solo attraverso il racconto di un’etica di uno sguardo che diventa estetica del film».

Dall’etica all’estetica il passo è davvero breve: solo tre lettere in più.

Questa sera a teatro!

Benvenuti ad una splendida serata a teatro! Tra maschere e personaggi (che sono poi la stessa cosa) questa sera si proietterà un documentario sul gasdotto trans adriatico dal titolo: “La Grande Opera”. Forse il titolo è anche autoreferenziale visto che lo stesso regista, Corrado Punzi, è tanto attento all’estetica da trasformare “il racconto di un’etica”.

In un’intervista rilasciata al Manifesto, pubblicata sul numero di sabato 18 giugno 2022, per promuovere l’ultima fatica, ma anche per preparare eventuali spettatori alla miglior fruizione dell’opera, l’autore ci confida quale fosse lo scopo di girare il documentario e la modalità narrativa preferita. Naturalmente l’equidistanza è una forma mentis per il nostro, dato che si tratta di un accademico, ricercatore in sociologia, dunque aduso a vedere l’altro da sé come un oggetto da analizzare. E (come sa bene ogni giornalista e cioè che un po’ di denaro e di fama valgono anche gli anni di galera che gli altri potrebbero subire per le loro riprese) non perde occasione per infilare una carrellata di scontri con le forze dell’ordine tra un racconto della buonanotte ed una gita coi bambini; gentile concessione del Comitato No Tap, non si sa mai, alcuni fotogrammi potrebbero essere sfuggiti agli agenti.

Nell’intervista su citata, Punzi confessa che da spettatore non vorrebbe una conferma delle sue idee, ma su questo punto bisogna deludere l’artista, perché è proprio quello che è successo. La visione della grande, prolissa, opera cinematografica non ha fatto altro. Innanzitutto ha confermato l’idea che tutto è spettacolo, ma lo sapevamo da tempo. Che chi è abituato a mangiare nella ciotola, non morde la mano del padrone; infatti il film può essere facilmente inteso come un encomio del progetto, voluto anche dallo Stato. Ha confermato l’atteggiamento vittimistico di entrambe le parti. Ha confermato il ruolo delle istituzioni: “Sono tutte dalla nostra” dice senza peli sulla lingua durante un meeting di Tap il suo amministratore delegato. Confermata la miopia di chi crede di aver la vista lunga, come quei contestatori che credono di poter cambiare il mondo a forza di piccole riforme, ma temono conseguenze per la scuola e il lavoro, veri pilastri di quel mondo che non vorrebbero. Ha confermato, inoltre, la mania di protagonismo di alcuni personaggi visti in quel periodo a San Foca.

L’intervista è condita con un altro spunto interessante che, però, resta sospeso: “Quello che è interessante, ed è importante partire senza pregiudizi, è raccontare le contraddizioni all’interno di un movimento e cercare di far pensare allo spettatore che se ci sono delle difficoltà non possono essere attribuite solo alla repressione giudiziaria (infatti nel film si omette che le condanne inflitte sono tre volte superiori alle richieste dell’accusa) e mediatica, ma evidentemente ci sono delle responsabilità interne. Ecco finalmente qualcosa di serio, che però il documentario non illustra affatto. Chi ha vissuto quell’esperienza ne potrebbe raccontare di responsabilità interne come: finti cortei ad uso e consumo di giornalisti e film makers (credendo di lottare?), un Comitato che si eleva a Movimento per non lasciare alcuno spazio al di fuori di esso, aderenti al Comitato che si lasciano andare a nauseabonde delazioni, auto-proclamati portavoce che fanno accordi con la prefettura a nome di tutti quegli altri che invece erano lì a lottare, persone che si dichiarano anarchiche, ma continuano a relazionarsi con la gentaglia succitata (del comitato fa parte anche il sindaco), autoritarismo dei pacifisti e via dicendo.

Nonostante tutto ciò, l’Apulia film commission regala (ok c’è un biglietto da 7 euro) l’ennesima grande opera d’arte, vi consigliamo di non mancarla, potreste ritrovarvi seduti a fianco agli attori e magari nuove star del cinema o, con meno fortuna, la digos. Non dimenticate di comprare popcorn e bibite, magari alla caffeina.

Nessuna condivisione

Verrà proiettato stasera “La grande opera”, documentario sull’ultima stagione di opposizione contro il gasdotto Tap e l’ultima fase di realizzazione dello stesso.

Il regista Corrado Punzi ha affermato di aver dato voce ad entrambe le parti, fatto già aberrante, in modo che lo spettatore possa avere da sé la propria opinione a riguardo; riteniamo invece che il documentario, pur nella sua indolenza e noiosità, prenda distintamente una posizione ed esprima un messaggio per noi inaccettabile: quello della pacificazione, della controversia democratica tra chi ha costruito un’opera fortemente impattante e chi l’ha contrastata.

Documentario finanziato da Apulia film commission e Regione Puglia, che, è bene sottolineare, nel corso del tempo ha fortemente caldeggiato e favorito la costruzione del gasdotto.

Non ci stupisce in fondo che questi piccoli regista, sceneggiatore e montatore che lo hanno realizzato, abbiano messo in scena un’ora e mezzo di recupero di una lotta, con la disponibilità di chi si è prestato a partecipare a questa operazione abietta. Era già accaduto con “Et in terra pacis”, corto sulla vicenda del CPT Regina Pacis. Ora ci riprovano, con un altro regista, con “La grande opera” che suggerisce la grandiosità appunto di un’opera industriale e la sconfitta di un movimento di opposizione. D’altra parte non poteva essere altrimenti dal momento che le riprese sono iniziate a cose fatte. Poiché i piccoli regista, sceneggiatore e montatore, sembrano arrivare sempre in ritardo, probabilmente impegnati alla ricerca di qualche finanziamento pubblico, vogliamo ricordare, dal nostro punto di vista, cosa è accaduto, affinché il revisionismo e il recupero non cancellino alcuni anni di lotta.

Tap ha iniziato i lavori nel marzo 2017 ma l’opposizione è iniziata alcuni anni prima, fin da quando il Consorzio si è presentato sul territorio. Oltre alla protesta riformista, fatta di raccolta firme e denunce giudiziarie, si sono verificati sabotaggi e contestazioni molto accese. Fino ad arrivare agli espianti degli ulivi, bloccati un primo giorno da soli otto manifestanti e poi, nei giorni successivi da centinaia e centinaia di persone. In quei mesi vi è stata l’espressione di una ostilità autentica, spontanea, autorganizzata, senza capi, piena di fantasia, entusiasmo e gioia, in cui la possibilità che il gasdotto non venisse costruito era concreta. Poi vi è stato un lento declino, la costituzione di un movimento omologante e non più variegato, il protagonismo smodato di alcuni personaggi, l’inizio della repressione attraverso decine di multe di migliaia di euro per i numerosi blocchi verificatisi e, infine, l’istituzione della zona rossa. La realizzazione del gasdotto Tap, considerata opera strategica dall’Unione Europea, aveva ed ha alle spalle interessi enormi: istituzioni, colossi petroliferi, come British Petroleum e Lukoil, e la spasmodica richiesta di energia di questa società piena di merci, la cui economia guerrafondaia ha previsto e realizzato il progetto folle di un gasdotto che percorre più di 4000 km, coinvolgendo sei Stati e le popolazioni annesse, che in molti casi si sono opposte al suo passaggio.

Tap è un mostro già nella sua idea, che è quella che tutto si può sfruttare e colonizzare, tutto è mercificabile, esattamente come vuole fare questo documentario con una lotta.

Lotta il cui epilogo si è avuto già tanto tempo fa e i processi pesanti che ha subito sono purtroppo il risultato della sua debolezza e del ruolo stesso che ha la magistratura: mostrare i denti con chi lotta ed essere molto accondiscendente con chi è potente.

Presto anche questo ennesimo documentario revisionista e recuperatore verrà dimenticato insieme alla sua estetica del reale; vivo rimarrà il ricordo dei momenti vissuti di notte e di giorno e delle pratiche adottate a difesa di un’idea, di un metodo, di una terra, della natura, contro i suoi devastatori e sfruttatori.

Il grande recupero pdf                                                                  Anarchici e Nemici di Tap

giugno 2022

 

 

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Ciao Chopper / Elogio di un delicato

Ciao Chopper

Se n’è andato così, facendo progetti per il futuro, com’era abituato a fare da sempre.

Iconoclasta, anticlericale irriducibile, ha vissuto la sua vita lottando contro i dogmi religiosi di quella millenaria istituzione repressiva della vita e scuola di sottomissione che è la Chiesa cattolica.

Questa sua lotta gli è valsa l’appellativo di pazzo, di disagiato mentale, e le ire e le risatine dei bigotti, dei benpensanti e della cosiddetta gente comune. Chi lo ha conosciuto bene lo ha invece amato per la sua natura generosa e gentile.

Non sono bastati quarant’anni di persecuzione psichiatrica a spezzare la sua indole e la sua lotta. Non sono stati sufficienti la farmacologia, gli innumerevoli trattamenti sanitari obbligatori e i ricoveri nei reparti psichiatrici di molti ospedali salentini. Chopper ne è uscito ogni volta più forte e più determinato, pronto a ricominciare nuovamente daccapo e a imbastire nuovi progetti “folli”, nel senso più bello del termine…

Quasi dispiace oggi che Dio non esista, perché sarebbe stato bello vedere Chopper presentarsi al suo cospetto per oltraggiarlo direttamente, col suo linguaggio da fantasista della parola, per poi riderne assieme ai suoi amici e ai suoi compagni.

Compagni che lo hanno conosciuto, apprezzato e voluto bene, restandogli accanto in ogni momento. Ora lui non c’è più, ma restano le sue idee che – proprio come la figura della Fenice che tanto amava – risorgono ogni volta dalle proprie ceneri.

Gli Anarchici

Elogio di un delicato

Ci sono vite che lasciano il segno e non solo nel cuore e nei ricordi dei propri cari. Chopper è stata una di queste. Sognatore instancabile, animo sensibile e delicato, ha speso la sua vita lottando: contro la religione e il clero, da sempre fonte di oppressione e oscurantismo, contro le gabbie della società, sempre pronta a giudicare e reprimere chi è diverso, non allineato, “folle”.

Chopper ci ha insegnato molto, con la sua passione per il mare e la natura e i suoi progetti di piantare alberi ovunque. Con la sua indole libera, che viveva come una catena anche i propri vestiti. Con la sua tenacia nel lottare contro il fideismo religioso, la più perniciosa delle credenze, come lui la definiva. Chopper ha pagato alto il prezzo del suo essere e dei suoi gesti essendo stato sottoposto a numerosi TSO che tuttavia non lo hanno mai domato. Egli era profondamente consapevole di se stesso, di ciò che la vita gli aveva riservato, e di ciò che la religione e la psichiatria, in questo caso a braccetto, gli avevano arrecato. Oltre alla gioia, alla profondità e sensibilità, all’ironia, era l’inquietudine ad essere sempre presente nei suoi pensieri. Ed è ciò che la società, con le sue regole e i suoi schemi, non ha saputo e voluto accettare. E Chopper ha sentito spesso il peso di una comunità chiusa, incentrata sui suoi riti e poco disponibile ad aprirsi alla fantasia di un delicato. Una comunità che osanna ogni anno un santo, Giuseppe da Copertino, che prima di essere riconosciuto tale dalla Chiesa, nel tentativo di recuperare il seguito che aveva tra la gente, è stato perseguitato e processato perché ritenuto pazzo e blasfemo.

Chopper è stato un uomo senza tempo così come i suoi interessi e i suoi studi, dai classici latini e greci, fino alla storia degli indiani d’America, all’anarchismo e all’amore per la musica.

Chopper è ora libero da tutto, dalla struttura in cui si trovava, dal proprio corpo, dai pregiudizi e come amava sempre dire:

Né credo, né clero, né culto. No religions!

Per l’anarchia!

I tuoi compagni e le tue compagne

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Sul nazionalismo

Per «nazionalismo» intendo soprattutto quell’abitudine a pensare che gli esseri umani possano essere classificati come insetti, e che milioni o decine di milioni di persone possano tranquillamente essere etichettati come «buoni» o «cattivi». Ma intendo anche – aspetto molto più importante – quell’abitudine a identificare se stessi in una singola nazione o in un’unità di altro tipo, collocandola al di là del bene e del male e non riconoscendo altro dovere che la promozione dei suoi interessi.[…]

Il nazionalismo è inseparabile dal desiderio di potere. L’obiettivo costante di ogni nazionalista è quello di assicurarsi maggior potere e maggior prestigio, non per se stesso ma per la nazione o quell’altra unità nella quale ha deciso di dissolvere la propria individualità. […]

Uso la parola «nazionalismo» solo in mancanza di un termine più appropriato. Il nazionalismo, in questo significato esteso, include movimenti e tendenze come il comunismo, il cattolicesimo politico, il sionismo, l’antisemitismo, il trockismo e il pacifismo. Non comporta necessariamente la lealtà a un governo o a una nazione (ancor meno alla propria), e non è neanche necessario che la realtà alla quale è riferito esista davvero. […]

Il nazionalista è colui che pensa esclusivamente – o principalmente – in termini di prestigio competitivo. Può essere un nazionalista in senso positivo o negativo – ossia usare la propria energia mentale per sostenere o denigrare –, ma i suoi pensieri saranno sempre di vittorie, sconfitte, trionfi e umiliazioni. Concepisce la storia – soprattutto quella contemporanea – come un continuo sorgere e tramontare di grandi unità di potere, e interpreta ogni evento come la dimostrazione dell’avanzamento della sua parte e della retrocessione di qualche odiato rivale. Ma è importante non confondere il nazionalismo con il culto del successo. Il nazionalista non segue il principio per cui ci si unisce semplicemente al più forte. Al contrario, dopo aver scelto da che parte stare, si persuade che è la più forte, e rimane saldo nelle proprie credenze anche quando i fatti le contraddicono palesemente. Il nazionalismo è pertanto sete di potere unita all’autoinganno. Ogni nazionalista è capace della massima disonestà, ma è anche fermamente convinto – credendo di servire qualcosa più grande di lui – di essere nel giusto. […]

Affermare che tutte le forme di nazionalismo siano uguali, anche nella disposizione mentale, sarebbe semplificare esageratamente, ma è certo che tutte condividono una serie di caratteristiche. Ecco le principali.

Ossessione

Per quanto è possibile, nessun nazionalista pensa a qualcosa, parla o scrive di qualcosa che non riguardi la superiorità dell’unità di potere con cui si identifica. Gli è difficile, se non impossibile, nascondere la propria lealtà. La minima offesa nei confronti della sua parte, o un qualsiasi apprezzamento implicito di un’organizzazione rivale, lo riempiono di un senso di disagio che può alleviare soltanto con una risposta tagliente. Se la parte scelta è una nazione reale, come l’Irlanda o l’India, ne rivendicherà la superiorità non soltanto in termini di potere militare e virtù politica, ma anche nell’arte, nella letteratura, nello sport, nella struttura della lingua, nella bellezza fisica dei suoi abitanti, e forse addirittura nel clima, nel paesaggio e nella cucina. […]

Instabilità

L’intensità con cui viene sostenuta non rende la lealtà nazionalistica intrasferibile. […] Molto spesso i grandi leader nazionali, o i fondatori di movimenti nazionalistici, non appartengono neanche alla nazione che hanno glorificato. A volte sono stranieri, altre volte provengono da aree periferiche dove la nazionalità è incerta. […] Ma ciò che risulta stranamente interessante è che un ri-trasferimento è altrettanto possibile. Una nazione o altra unità venerata per anni può improvvisamente diventare detestabile, e le proprie simpatie possono spostarsi su un altro oggetto senza soluzione di continuità. […] Il comunista bigotto che diventa, nel corso di poche settimane – o addirittura di pochi giorni –, un trockista ugualmente bigotto, è uno spettacolo comune. In Europa continentale i membri dei movimenti fascisti vennero in gran parte reclutati tra i comunisti, ed è probabile che nei prossimi anni si verifichi il processo opposto. Ciò che rimane costante in un nazionalista è lo stato mentale: l’oggetto dei suoi sentimenti può cambiare e può anche essere immaginario.

[…] Dio, il re, l’impero, la bandiera britannica: tutti questi idoli deposti possono riapparire con nomi differenti e, dal momento che non vengono riconosciuti per quello che sono, possono essere venerati in buona coscienza. Il nazionalismo trasferito, come il capro espiatorio, è un modo per raggiungere la salvezza senza cambiare la propria condotta.

Indifferenza verso la realtà

Tutti i nazionalisti hanno la capacità di ignorare le rassomiglianze tra i fatti. Un tory inglese difenderà l’autodeterminazione della Gran Bretagna in Europa, ma si opporrà a quella indiana senza avvertire la minima incoerenza. Un’azione è considerata buona o cattiva non per ciò che è in sé, ma per chi la compie, e non esiste quasi atrocità – la tortura, l’uso degli ostaggi, il lavoro forzato, la deportazione di massa, l’imprigionamento senza processo, la falsificazione, l’assassinio, il bombardamento dei civili – che non cambi colorazione morale quando è compiuta dalla «nostra» parte. […] È lo stesso con gli eventi storici. La storia viene letta in gran parte in termini nazionalistici, e fatti come l’Inquisizione, le torture della Star Chamber, le imprese dei bucanieri inglesi (Sir Francis Drake, per esempio, che aveva l’abitudine di buttare in mare vivi i prigionieri spagnoli), il regime del Terrore, gli eroi delle ribellioni in India che uccidevano centinaia di indiani a colpi di pistola, o i soldati di Cromwell che sfregiavano il viso delle donne irlandesi con il rasoio, diventano moralmente neutri o addirittura meritori se compiuti nel nome della «giusta» causa. […]

Il nazionalista non solo non disapprova le atrocità commesse dalla parte che sostiene, ma ha anche la sorprendente capacità di non averne notizia. Per quasi sei anni gli ammiratori inglesi di Hitler trovarono il modo di non venire a conoscenza dell’esistenza di Dachau e Buchenwald. D’altra parte, quelli che più convintamente denunciano i campi di concentramento tedeschi non sono al corrente – o lo sono pochissimo – dell’esistenza dei campi di concentramento anche in Russia. Grandi eventi come la carestia del 1933 in Ucraina, che causò la morte di milioni di persone, sono di fatto sfuggiti all’attenzione della maggioranza dei russofili inglesi. Molti non hanno mai sentito parlare dello sterminio degli ebrei tedeschi e polacchi durante l’ultima guerra. Il loro antisemitismo ha fatto sì che questo enorme crimine restasse fuori dalla loro coscienza. Nel pensiero nazionalistico esistono fatti che sono allo stesso tempo veri e falsi, conosciuti e sconosciuti. Un fatto può risultare così insopportabile da venire messo da parte e tenuto lontano da ogni riflessione logica; oppure può diventare oggetto di riflessione senza però mai essere ammesso come un fatto, neppure nella mente di chi lo pensa.

[…] Molti scritti propagandistici del nostro tempo non sono che semplice contraffazione. Vengono occultati i fatti reali, le date sono alterate e le citazioni sono estrapolate dal loro contesto e aggiustate in modo tale da assumere un altro significato. Gli eventi che non sarebbero dovuti accadere non vengono citati e sono fondamentalmente negati. […] Il primo obiettivo della propaganda è, ovviamente, quello di influenzare l’opinione dei contemporanei, ma è probabile che coloro che riscrivono la storia siano davvero convinti, perlomeno con una parte della loro testa, di star realmente inserendo fatti nel passato. […]

L’indifferenza verso la verità oggettiva è incoraggiata dall’isolamento di una parte del mondo rispetto all’altra, una situazione che rende sempre più difficile scoprire cosa stia succedendo realmente. Spesso è lecito nutrire qualche dubbio di fronte a eventi di enorme portata. Per esempio, è impossibile calcolare quanti milioni – forse anche decine di milioni – siano morti in questa guerra. I disastri di cui viene data costantemente notizia – battaglie, massacri, carestie, rivoluzioni – tendono a ispirare nelle persone comuni un sentimento di irrealtà. Non c’è modo di verificare i fatti, non si è mai del tutto sicuri che siano accaduti, e ci si trova di fronte a interpretazioni totalmente discordanti provenienti da fonti diverse. […] I fatti vengono presentati in modo così disonesto da tutti i giornali che il lettore comune può essere perdonato se crede alle bugie o se non riesce a formarsi un’opinione. L’incertezza generale riguardo a ciò che succede realmente rende più facile aggrapparsi a credenze stravaganti. Dal momento che nulla viene mai completamente provato o confutato, anche fatti più incontestabili possono essere sfacciatamente rifiutati. Inoltre, nonostante il suo rimuginare continuo sul potere, la vittoria, la sconfitta e la vendetta, il nazionalista è ben poco interessato al mondo reale. Ciò che vuole è sentire che la sua parte sta avendo la meglio su qualche altra, e può farlo con più facilità cercando di prevalere sull’avversario piuttosto che esaminando i fatti per vedere se gli danno ragione. Tutte le controversie nazionalistiche sono dibattiti inconcludenti in cui i partecipanti sono sempre invariabilmente convinti di essersi guadagnati la vittoria. Alcuni nazionalisti non sono lontani da una forma di schizofrenia, vivendo piuttosto felicemente tra sogni di potere e conquista che non hanno relazione col mondo materiale.

George Orwell, Notes on Nationalism, 1945

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Anarchist Publishing fair

LECCE, ITALY – IV EDITION OF “IDEA AND ACTION”, ANARCHIST PUBLISHING FAIR, 21ST/22ND MAY, FULL PROGRAMME

Idea & Action

IV edition of the anarchist publishing fair

Two days of spreading and propagandising anarchist ideas.

Two days of books, meetings, presentations and discussions to talk about the history and topicality of the anarchist idea and action, of the indissoluble link that unites them and of their ability to influence the world with the prospect of changing it.

Saturday 21st May

3pm: opening of the fair and stalls of anarchist publications

5pm: I Giustizieri. Propaganda del fatto e attentati anarchici di fine Ottocento [The Avengers. Propaganda by the deed and anarchist attacks at the end of the nineteenth century], ed. Monte Bove, (https://edizionimontebove.noblogs.org/) 2018. Presentation by the author and discussion.

7pm: Il mondo a distanza. Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario [The world at a distance. On the pandemic, the 5G, the removed materiality of the digital and the horizon of totalitarian control], ed. Bergteufel, 2021. Presentation by the author and discussion.

9pm: benefit dinner.

 

Sunday 22nd May

10:30am: opening of stalls of anarchist publications.

11:30am: Varkarides – I battellieri. Il gruppo nichilista di Salonicco 1898-1903 [Varkarides – The fighters. The nihilist group of Thessaloniki 1898-1903], ed. Biblioteca Anarchica Sabot, 2021. Presentation with the curator and discussion.

1:30pm: benefit lunch

3:30pm: Buscando a la calle. Update on subversive and anarchist prisoners in struggle in Chilean jails. For the eradication of Pinochet’s “military justice” sentences still in force. Analysis by a comrade of the anti-prison struggle space.

Ore 5pm: Capitalismo resiliente. Uno sguardo siciliano su
estrattivismo e nocività nel Green New Deal [Resilient capitalism. A Sicilian gaze on extraction activities and nocivity in the Green New Deal], 2022. Presentation by the comrades of sciroccomadonie.noblogs.org

6:30pm: 18.30: The war and its tentacles. Sicily’s strategic role in NATO imperialist militarism. By comrades of the Sicilian antimilitarist assembly “To those who can hear the ticking”.

Editions and distros of anarchist publications are welcome.

If you come from afar let us know a few days in advance, if possible.

disordine@riseup.net

Fiera 2022 pdf

Translated by act for freedom now!

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Gatti neri posse

Venerdì 13 maggio ore 21:00
GATTI NERI POSSE PRESENTA:
Dj set Radio sound boy
LIVE RAP:
Zona avvelenata crew
Mutazione HC
Lanzi 73040
Vespa Hardcore
Dj Bellezza

Benefit Biblioteca Anarchica Disordine
Via delle anime 2/b
Lecce
disordine@riseup.net

Gatti neri

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Nuovi testi per la consultazione

  • Angela Davis, Donne, razza e classe, ed. Alegre, 2022, pp. 302;
  • Fuorirotta. Raccolta di testi sulla rivolta di Genova del 2001 e su chi cercò di governarla, ed. Chrysaora, 2021, pp. 100;
  • Marilù Maschietto, … Pentiti mai!, ed. Comitato Contro Carcere e Repressione “G. Faina”, s. l., pp. 33;
  • Silvia De Bernardinis (a cura di), Brigate Rosse: un diario politico. Riflessioni sull’assalto al cielo, ed Derive Approdi, 2021, pp. 207;
  • Claudio Gargano, Ernesto e gli altri. L’omosessualità nella narrativa italiana del Novecento, Editori Riuniti, 2002, pp. 244;
  • Simone De Beauvoir, La forza delle cose, ed. Einaudi, 1975, pp. 623;
  • Fernando Savater, Contro le patrie, ed. Elèuthera, 1999, pp. 179;
  • Giovanni Blumer, La rivoluzione culturale cinese, ed. Feltrinelli, 1969, pp. 487;
  • AA. VV., Propaganda. Detergente del pensiero critico, ed. Gratis, 2021, pp. 242;
  • Gaetano Mosca, Storia delle dottrine politiche, ed. Laterza, 1974, pp. 319;
  • Bertrand Russell, Principi di riforma sociale, ed. Newton Compton, 1971, pp. 185;
  • Jerome Ch’en, Mao Tse-tung e la rivoluzione cinese, ed. Sansoni, 1966, pp. X + 545;
  • Raniero Panzieri, La ripresa del marxismo leninismo in Italia, ed. Sapere, 1975, pp. 365;
  • Assenzio. Divagazioni, strali, capricci. Numero un(ic)o, pp. 27;
  • Nunatak n.63. Rivista di storie, culture, lotte della montagna, febbraio 2022, pp. 64;
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Fiera dell’editoria anarchica

Pensiero & Azione

IV fiera dell’editoria anarchica

Due giorni di diffusione e propaganda delle idee anarchiche.

Due giorni di libri, incontri, presentazioni e discussioni per parlare della storia e dell’attualità del pensiero e dell’azione anarchica, del legame indissolubile che le unisce e della loro capacità di incidere nel mondo nella prospettiva di cambiarlo.

Sabato 21 maggio

ore 15: apertura della fiera e degli stand di stampa anarchica.

ore 17: I Giustizieri. Propaganda del fatto e attentati anarchici di fine Ottocento, ed. Monte Bove, 2018. Presentazione a cura dell’autore e discussione.

ore 19: Il mondo a distanza. Su pandemia, 5G, materialità rimossa del digitale e l’orizzonte di un controllo totalitario, ed. Bergteufel, 2021. Presentazione a cura dell’autore e discussione.

ore 21: cena benefit.

Domenica 22 maggio

ore 10.30: apertura degli stand di stampa anarchica.

ore 11.30: Varkarides – I battellieri. Il gruppo nichilista di Salonicco 1898-1903, ed. Biblioteca Anarchica Sabot, 2021. Presentazione con il curatore e discussione

ore 13.30: pranzo benefit.

Ore 15.30: Buscando a la calle. Aggiornamento sui prigionieri e le prigioniere sovversive e anarchiche in lotta nelle carceri cilene. Per l’annullamento delle condanne della “giustizia militare” di Pinochet ancora vigenti. Approfondimento a cura di una compagna dello spazio di lotta anticarceraria.

Ore 17.00: Capitalismo resiliente. Uno sguardo siciliano su estrattivismo e nocività nel Green New Deal, 2022. Presentazione a cura dei compagni di sciroccomadonie.noblogs.org

Ore 18.30: La guerra e i suoi tentacoli. Il ruolo strategico della Sicilia per il militarismo imperialista della NATO. A cura di alcuni compagni dell’assemblea antimilitarista siciliana “Per chi sente il ticchettio”.

Sono benvenute le edizioni e distribuzioni di stampa anarchica.

Chi viene da fuori ci avvisi, se possibile, con qualche giorno di anticipo.

disordine@riseup.net

fiera 2022

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Iniziativa a sostegno della IV fiera dell’editoria anarchica

Venerdì 29 aprile
ore 20:00
Presentazione della IV Fiera dell’editoria anarchica “Pensiero e azione” Lecce
Ore 20:30
Aperitivo e Karaoke a sostegno della fiera dell’editoria anarchica

Biblioteca Anarchica Disordine
via delle anime 2/b Lecce
disordine@riseup.net

Venerdì 29

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Anarchist Publishing Fair

Lecce, Italy – IV Edition of “Idea and Action”, Anarchist Publishing Fair, 21st/22nd May, 2022

As States only see populations as cannon fodder, enemies to be domesticated and kept under control, we must desert.

Politics is against people and keeps them constantly on thorns in the anguish of a miserable existence, filed and imprisoned under increasingly suffocating coercive rules. Machines are replacing individuals more and more in an irreversible process of dehumanization. The catastrophe is in place and all over the world the powerful are giving the final push towards the abyss. If all this is against us, then we are against all this.

That’s why we think it is important to meet one another. That’s why we believe that theory and practice must always be maintained. That’s why action, writing, discussions, analyses, instruments for spreading anarchist ideas, are what gives us passion, sharpening our gaze and making our hearts beat faster.

That’s why revolt is the proposal we want to choose from the weaponry of both the history of the anarchist movement and its present.

That’s why we are inviting you to the anarchist publishing fair in Lecce on 21st and 22nd May.

Full program out soon.

Info: disordine@riseup.net

Translated by act for freedom now!

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Nuovi titoli in Biblioteca

  • Lallai, Claudio, Filosofia e deserto. Le dimensioni dell’Unico nella filosofia di Johann Caspar Schmidt, ed. Arkiviu bibrioteka «T. Serra», 2022, pp. 63;
  • Schumpeter, Joseph A., Storia dell’analisi economica, ed. Boringhieri, 1976, pp. XIII + 668;
  • Sweezy, Paul M. e altri, La teoria dello sviluppo capitalistico e discussione del pensiero economico marxiano, ed. Boringhieri, 1976, pp. XXXIX + 617;
  • Amborn, Hermann, Il diritto anarchico dei popoli senza Stato, ed. Elèuthera, 2021, pp. 255;
  • Galzerano, Giuseppe, Gaetano Bresci. Vita, attentato, processo, carcere e morte dell’anarchico che «giustiziò» Umberto I, ed. Galzerano, 2001, pp. 1100;
  • Galzerano, Giuseppe, Michele Schirru. Vita, viaggi, arresto, carcere, processo e morte dell’anarchico italo-americano fucilato per «l’intenzione» di uccidere Mussolini, ed. Galzerano, 2006, pp. 1087;
  • Kropotkin, Petr, Lo Stato, ed. Galzerano, 2008, pp. 105;
  • Vanzetti, Bartolomeo, Una vita proletaria. Retroscena del processo di Plymouth, ed. Galzerano, 2017, pp. 206;
  • Evans-Pritchard, E. E., La donna nelle società primitive, ed. Laterza, 1973, pp. 286;
  • Mansfield, Edwin, Microeconomia, ed. Il Mulino, 1980, pp. 578;
  • Togliatti, Palmiro, Da radio Milano Libertà, ed. Rinascita, 1974, pp. XXVII + 435;
  • Meli, Roberto, Gli anni della P38, s. e., 2021, pp. 61;
  • Malamente n°24. Rivista di lotta e critica del territorio, ed. Malamente, marzo 2022, pp. 139;
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