Psicologia dello slogan

In mediocrazia tutto è collegato. L’arte mercantile è espressione della politica d’affari. Il pensiero si vende come tutto il resto, senza eccezioni alla regola (o meglio, viene venduto dai mercanti dopo averlo truccato. Ma si tratterà proprio di pensiero?).

Non possiamo passare sotto silenzio l’influenza nefasta della stampa sulle menti. Questa influenza, esercitata in mille modi, è la disgrazia peggiore per le popolazioni. Alla stampa dobbiamo la regressione dei cervelli, tanto quanto ai cervelli la regressione della stampa. L’una va di pari passo con l’altra. Sono altrettanto responsabili. La stampa avrebbe anche potuto reagire. Avrebbe potuto risalire la corrente. Ha preferito adattarsi. Quando si scorrono le pagine dei giornali pubblicati in Francia da circa mezzo secolo sembra di entrare in una necropoli. Si sente odore di muffa e di stantio. Sono veramente illeggibili. Fa paura tanta carta sprecata. Quante insulsaggini contengono! Che cumulo di idiozie! Ed è sempre peggio. Si continua a distrarre il popolino con storie inverosimili. La stampa non ha fatto alcun progresso dal punto di vista mentale, ammesso che ne abbia fatti dal punto di vista materiale. È totalmente inadeguata. E per quanto si sforzi di variare argomento, non fa che trattare sempre gli stessi con qualche variante in più. La sostanza non cambia. (…)

La stampa si impadronisce di tutto ciò in cui si imbatte, ingigantendo gli avvenimenti, snaturando i fatti, fabbricando reputazioni, lodando l’uno, sminuendo l’altro, a volte pro e a volte contro, raramente dalla parte del vero. Gli stessi temi tornano periodicamente in certi fogli a corto di ispirazione: il furto della collana di perle della signorina X, la nascita di cinque gemelli, il piccolo marinaio, il mostro di LochNess o il satiro di Bourg-la-Reine, matrimoni o divorzi di star, zuffe tra pavoni del teatro o del cinema, tresche di corridoio, duelli seguiti da riconciliazioni oppure no, interviste sensazionalistiche, questi sono alcuni degli altri centro nutrimenti mentali offerti dalla stampa ai suoi lettori. I quali consumano tutto ciò che viene loro propinato. Tanti slogan destinati ad atrofizzare le loro meningi. La stampa non sa più cosa inventarsi per riempirle. Loro, dopo aver letto il giornale, hanno il cervello più vuoto di prima.

La stampa d’informazione (Informazione? Deformazione sarebbe più giusto) si sofferma su soggetti insignificanti, come un incontro di pugilato o il «tour de France». Si fa beffe del pubblico con «l’uomo più grasso» o «la donna più magra». Non ci risparmia alcun particolare sul davanti o il didietro di tale cortigiana di fama. Attraverso essa si sa cosa mangia, beve o caga Tizio o Caio. Basta che un imbecille commetta un’eccentricità che gli dedica qualche colonna. Non passa sotto silenzio nessuna stupida scommessa, nessun gesto mirabolante. Insiste su dettagli senza interesse, che il più delle volte inventa. È ghiotta di scandali, come l’opinione che serve. Fa una gran pubblicità ai «crimini della mala». Le imprese delittuose vi occupano più delle opere di un gran saggio. Crea i processi e detta ai giudici le sentenze. Arma il braccio dell’assassino e deride la vittima. I titoli a caratteri cubitali attirano l’attenzione dei passanti. Decisamente, i giornalisti considerano i propri lettori degli idioti: non hanno tutti i torti.

Il giornalismo d’affari ha sostituito quello delle idee. Ne consegue che taluni fogli siano buoni solo «come carta da cesso». «Quotidiani» e «periodici» hanno lo stesso scopo: divertire il popolino. L’illustrazione serve a sottolineare l’insufficienza del testo. I ritratti di criminali, acrobati, politici, vi figurano in tutte le posizioni. Per far rimanere a bocca aperta i loro lettori, che li anelano in cambio di denaro. Quei deformatori dei fatti che sono i giornalisti – per lo meno alcuni di loro – presentano al pubblico le cose in maniera tale da mostrare solo il fuoco. Il pubblico crede alla loro parola, talmente appaiono sinceri. Si beve tutte le loro fandonie. I giornali prendono il volo seminando i loro escrementi un po’ dappertutto, accolti a braccia aperte dalla popolazione. L’occultamento della verità è la prima condizione per fare un buon giornalista. Chi non è capace di camuffarla è uno scadente scribacchino. (…) Oggi si è interessati soltanto ai chiacchieroni. Si presta orecchio solo ai ciarlatani. Si ama – sempre che si possa definire «amare» – ciò che non ha sostanza né forma. Che è anemico e amorfo. Che non ha alcuno slancio. Che non sta in piedi. Che manca di carattere. Ciò che assomiglia a tutto e a niente. Si conoscono i minimi dettagli della vita delle star e degli sportivi. Si ignorano i nomi di uno studioso che ha arricchito l’umanità, di un medico vittima della propria abnegazione, di un artista o uno scrittore che hanno trascurato di pubblicizzare le proprie opere. È normale in una società che applaude solo i guitti. Il denaro va a chi non ne ha bisogno, mentre chi lo utilizzerebbe per creare bellezza ne viene privato.

La mediocrazia detta la legge. Chiunque non si sottomette ai suoi capricci viene da essa considerato indesiderabile. Essa esige un’obbedienza passiva assoluta.

Gérard de Lacaze-Duthiers, Psycologie du slogan, ed. René Debresse, 1940

Tratto da Propaganda, detergente del pensiero critico, ed Gratis, 2021

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