Stragista è lo Stato

Il 12 dicembre ricorre l’anniversario di quella che è stata definita “la madre di tutte le stragi”, ovvero quella della Banca dell’Agricoltura a Milano, in piazza Fontana, nel 1969. Organizzata e realizzata da mani fasciste in combutta con apparati dello Stato, molte altre seguirono e tanto altro sangue venne versato. Stragi pianificate scientificamente nel tentativo di imprimere una svolta ancora più autoritaria alla giovane Repubblica italiana.

Oggi, a Torino, invece, verrà decisa la pena per due compagni anarchici – Alfredo ed Anna – accusati di “strage politica”, imputati del posizionamento di due ordigni esplosivi fuori dalla scuola dei carabinieri in provincia di Cuneo nel 2006, senza causare morti o feriti. Rischiano l’ergastolo, ed Alfredo si trova detenuto in regime di 41 bis da maggio.

Può sembrare un assurdo logico un processo per strage senza neanche un morto, ma non lo è quando gli imputati sono anarchici; lo Stato vuole appioppare loro il carcere a vita non per quanto hanno commesso, ma per le idee che portano in cuore e per le azioni che sono espressione di quelle idee.

Chiunque sia stato a posizionare quegli ordigni, non voleva colpire indiscriminatamente in una banca, una stazione o su un treno, ma aveva scelto accuratamente il suo obiettivo. Una scuola carabinieri è un luogo in cui vengono formati i difensori dell’ordine costituito, coloro che reggono questo Stato di cose e che quotidianamente compiono una lenta ma inesorabile strage fatta di gente ammazzata per strada o in caserma (Cucchi vi dice qualcosa?), arrestata e morta in prigione, espulsa e mandata a morire altrove, uccisa direttamente nei luoghi dei conflitti in giro per il mondo dove compiono le loro missioni …

Da una di queste scuole erano usciti gli stessi carabinieri implicati nella strage di Piazza Fontana e tutte quelle successive.

Il gesto per cui Alfredo ed Anna rischiano di essere seppelliti in prigione a vita, a parte non avere mietuto vittime, si differenzia per un altro aspetto dalle stragi di Stato: per la profondità etica che lo contraddistingue. Quanto gli viene imputato non mirava ad imporre autoritarismo e repressione, ma al suo opposto: ad aprire uno squarcio di libertà in un mondo di catene, attaccandone uno degli anelli principali.

Come anarchici non possiamo arretrare davanti ad un salto repressivo che intenta sempre più chiaramente processi alle intenzioni ed alle idee, ma proprio per questo dobbiamo continuare ad affermare che siamo ancora per la distruzione dello Stato e la costruzione di un mondo libero da galere, gerarchie ed autorità; che siamo ancora per l’attacco violento contro uomini e strutture di Stato e Capitale e per l’insurrezione, unica possibile via per aprire un sentiero non segnato su alcuna mappa, che si chiama libertà.

StragistaA3

Manifesto e volantino distribuito e affisso a Lecce

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Stragista è lo Stato

Consumo permanente

Che i nostri pasti siano pasti ciclici è un segno della nostra umanità. In quanto tra i tempi dei pasti si apre il tempo libero dal consumo e l’ampio orizzonte del mondo non consumabile, il territorio dell’assente, del solo contemplativo, del solo osservabile, del possibile – in breve: il mondo dello spirito. Davvero? Ancora oggi?

Non proprio.

Giacché il trend indica un consumo ininterrotto, un’esistenza in cui noi consumiamo ininterrottamente così come respiriamo: ininterrottamente mastichiamo il chewing gum, ininterrottamente ascoltiamo la radio. E poiché non c’è nulla che non diventi oggetto di consumo, l’avvicendarsi di un oggetto di consumo a un altro garantisce la continuità del consumo.

Una condizione animale. Anzi la condizione degli animali più triviali. Non di quelli che misurano la distanza, scrutando o volando per raggiungere le loro prede. Il loro orizzonte è ancora vasto; il loro tempo in gran parte libero dal consumo. Non la condizione dell’aquila. Bensì quella del pollo, del perennemente beccante.

I polli possono consumare ininterrottamente perché «il bene è sempre così prossimo», perché tutto è sempre presente, perché vivono nel paese della cuccagna dei polli. Poiché per loro c’è sempre tutto, non c’è nulla che manchi verso cui debbano puntare. Poiché non hanno bisogno che qualcos’altro li interessi, sono anche defraudati della possibilità «d’interessarsi a qualcos’altro». Vivendo nel paese della cuccagna restano dunque privi di mondo e ottusi. Se sperimentano lo «spazio» è tutt’al più quando «cercano di scappare» cioè nella fuga: la quale però non è verso l’aperto, ma verso il chiuso; non verso la scoperta, ma verso il coperto. In breve: restano piccoli borghesi.

Ecco: il piccolo borghese è ciò che dobbiamo aspettarci come esito finale dell’avventura «tecnica», poiché la tecnica consegna a domicilio il mondo come piacevole consumo permanente. Il piccolo borghese, sempre che l’umanità non si estingua prima del raggiungimento di questo punto più basso, sarà l’ultimo uomo.

Gunther Anders, Stenogrammi filosofici

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Consumo permanente

Nuovi inserimenti in Biblioteca

  • Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Autoproduzione Cassa Anti-repressione, s. l., 2022, pp. 82;
  • Dizionario biografico degli anarchici italiani. Volume primo A – G, ed. BFS, Pisa, 2003, pp. XXII + 790;
  • Dizionario biografico degli anarchici italiani. Volume secondo I – Z, ed. BFS, Pisa, 2004, pp. 804;
  • Giorgio Antonucci, Il pregiudizio psichiatrico, ed. Elèuthera, Milano, 2020, pp. 175;
  • Lorenzo Pezzica, Le magnifiche ribelli 1917-1921, ed. Elèuthera, Milano, 2017, pp. 199;
  • Elisée Reclus, Storia di un ruscello, ed. Elèuthera, Milano, 2020, pp. 246;
  • Elisée Reclus, Natura e società. Scritti di geografia sovversiva, ed. Elèuthera, Milano, 2022, pp. 351;
  • Claudio Venza, Anarchia e potere nella guerra civile spagnola (1936-1939), ed. Elèuthera, Milano, 2016, pp. 186;
  • Carlo Capuano, Ecclesia, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1990, pp. 78;
  • Alete Dal Canto, Le imposture del prete, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1988, pp. 229;
  • Mimmo Franzinelli, Ateismo laicismo anticlericalismo. Guida bibliografica ragionata al libero pensiero ed alla concezione materialistica della storia. Vol. II. Da Cristo a Wojtyla. Contributi per una storia eterodossa della Chiesa, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1992, pp. 223;
  • Mimmo Franzinelli, Ateismo laicismo anticlericalismo. Guida bibliografica ragionata al libero pensiero ed alla concezione materialistica della storia. Vol. III. L’intolleranza religiosa e le sue vittime, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1994, pp. 202;
  • Nestor Makhno, La rivoluzione russa in Ucraina. Marzo 1917 – Aprile 1918, ed. La Fiaccola, Ragusa, 2022, pp. 242;
  • Errico Malatesta, Opere complete vol. VII. “fronte unico proletario”. Il biennio rosso, Umanità Nova e il fascismo 1919-1923, ed. La Fiaccola / Zero in condotta, Ragusa / Milano, 2021, pp. XXXIII + 713;
  • Carmelo R. Viola, Referendum contro il divorzio premeditato vilipendio all’uomo, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1973, pp. 85;
  • Francesco Gaudioso, Calabria ribelle. Brigantaggio e sistemi repressivi nel Cosentino (1860-1870), ed. Franco Angeli, Milano, 1996, pp. 155;
  • George Orwell, Una boccata d’aria, ed. Liberamente, s. l., 2021, pp. 303;
Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Nuovi inserimenti in Biblioteca

ADORO IL SOGNO

BREVE RASSEGNA DI FILM DI BUÑUEL

Nessuno di noi manchi alla propria baldoria;
lasciamo dovunque i segni del nostro piacere,
perché è questa la nostra porzione
e parte di eredità.

Lunedì 7 novembre ore 19, IL FASCINO DISCRETO DELLA BORGHESIA, 1972

Caustica e divertentissima satira della società borghese e delle sue molteplici ipocrisie.

Lunedì 14 novembre ore 19, LA VIA LATTEA, 1968

Il surrealismo del regista prende il massimo della forma in questa sarcastica scorribanda attraverso le eresie, tra fede e idea, potere e libertà.

Lunedì 21 novembre ore 19, IL FANTASMA DELLA LIBERTA’, 1974

Fatti paradossali, assurdi che invitano al rovesciamento del senso, che sia buonsenso o senso comune.

Questa rassegna è dedicata a Daniele, amico e compagno, nel senso più fraterno
del termine, con cui abbiamo condiviso chiacchiere e risate, approfondimenti
e scambi, interessi e suggerimenti, stimoli e passioni.
Daniele se ne è andato così, come chi si allontana fino a svanire dalla vista, ma con
lo sguardo rivolto indietro, un sorriso rassicurante e un tenero saluto.
Indipendente e provocatorio, profondo e visionario, non gli era sfuggita l’importanza dell’opera di Buñuel, regista surrealista, appassionato del sogno, dissacratore del senso comune, dell’autorità e della società per bene, narratore della ricerca della verità
che bisogna fuggire appena si crede di averla trovata, dell’implacabile
rituale sociale, della ricerca indispensabile del caso, della morale personale
e del mistero che bisogna rispettare, come egli stesso aveva affermato nella sua
autobiografia. Niente di più adatto.

BIBLIOTECA ANARCHICA DISORDINE, VIA DELLE ANIME 2/B LECCE

versione colore

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su ADORO IL SOGNO

The mountain and the little mouse

At dawn on Thursday, September 29, a dozen or more policemen showed up at a comrade’s home with a search warrant for the crime of defacement, which a public prosecutor of the Lecce court had no shame in signing. Having ascertained that only the suspect was present, they decided to send the flying squad officers away to stay only six of the DIGOS, looking for clothing and spray cans. In addition to the house, they also searched his car, a moped and a house in another municipality to which the comrade had easy access. In fact, in addition to a helmet, a jacket and the latest copy of ‘Vetriolo’, which were returned to the owner at the police headquarters, they decided to seize a pair of boots and three stickers in solidarity with Alfredo Cospito, because, according to them, they were very much related to the wall writings they were investigating. This is how we begin to unravel the skein of so much investigative diligence for such a crime; a DIGOS inspector, in fact, informed the suspect that the investigation concerns the wall writings that appeared in Calimera (in the province of Lecce) on September 8 (we learn this from journalistic sources because the report says September 18) during the organized ‘week of legality’ on the occasion of the commemorations for the anniversary of the Capaci massacre, in which a Calimera citizen who was part of the escort also lost his life. The affair is beginning to make more sense: someone, irritated by the doggedness of the State towards Alfredo and perhaps indignant at the sanctification of judges and policemen, must have penned those wall writings to prevent them from sing alone their own praises. It is therefore clear that the state, with or without the government, persists in trying to make Alfredo and the infamous prison conditions to which he is subjected invisible. Having recalled him, claiming him free, during the celebrations of those events that led to the ‘temporary’ institution of the nefarious article 41 bis, must have annoyed them not a little and made them descend into ridicule.

We reiterate our utmost solidarity with Alfredo and all comrades imprisoned in various prisons around the world for love of freedom and hatred of those who deny it!

Note of “La Nemesi”: DIGOS stands for Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, “General Investigations and Special Operations Division”, the political police. The Capaci massacre is a bombing by the Sicilian mafia that took place on May 23, 1992, on highway A29, close to the junction of Capaci, Sicily; magistrate Giovanni Falcone, his wife and three police escort agents were killed.

Published in english by: https://lanemesi.noblogs.org/post/2022/10/10/the-mountain-and-the-little-mouse-lecce-italy/]

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su The mountain and the little mouse

La montagna e il topolino

All’alba di giovedì 29 settembre una decina e più di poliziotti si sono presentati all’abitazione di un compagno con un mandato di perquisizione per il reato di imbrattamento che un pm del tribunale di Lecce non ha avuto vergogna a firmare. Accertatisi della sola presenza dell’indagato, hanno deciso di mandare via gli agenti delle volanti per rimanere solo in sei della Digos, alla ricerca di indumenti e bombolette spray. Oltre all’abitazione hanno perquisito anche l’auto, un ciclomotore e un’abitazione in un altro comune cui aveva facile accesso il compagno; il verbale di perquisizione ha avuto esito positivo. Infatti oltre ad un casco, una giacchetta e l’ultima copia di Vetriolo, che sono stati resi al proprietario in questura, hanno deciso di sequestrare un paio di anfibi e tre adesivi in solidarietà ad Alfredo Cospito, perché, a detta loro, molto inerenti alle scritte su cui indagano. Così si inizia a dipanare la matassa su tanta solerzia investigativa per cotanto reato, un ispettore della Digos, infatti, ha comunicato all’indagato che le indagini riguardano delle scritte apparse a Calimera (LE) l’8 settembre (lo si apprende da fonti giornalistiche perché il verbale dice 18 settembre) durante l’indetta “settimana della legalità” in occasione delle commemorazioni per l’anniversario della strage di Capaci, in cui perse la vita anche un calimerese che faceva parte della scorta. Comincia ad avere più senso la vicenda: qualcuno, irritato per l’accanimento dello Stato nei confronti di Alfredo e magari indignato per l’opera di santificazione di giudici e poliziotti, deve aver vergato quelle scritte per evitare che se la suonassero e cantassero da soli. È dunque evidente che lo Stato, con o senza Governo, si ostina nel cercare di rendere invisibile Alfredo e le infami condizioni detentive a cui lo sottopone. Averlo ricordato, pretendendolo libero, durante le celebrazioni di quelle vicende che portarono all’istituzione “temporanea” del nefasto articolo 41 bis, deve aver infastidito non poco e li ha fatti precipitare nel ridicolo.

Si ribadisce la massima solidarietà ad Alfredo e a tutti i compagni imprigionati nelle varie carceri del mondo per amore di libertà ed odio verso chi la nega!

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su La montagna e il topolino

Realismo o utopia

Le informazioni e le conoscenze sullo stato di salute del pianeta di cui dispongono i Governi, certo più approfondite e allarmanti di quanto comunichino alla massa, hanno spinto il Parlamento europeo ad adottare la recente risoluzione che imporrebbe, a partire dal 2035, lo stop alla produzione di auto con motore a scoppio – benzina, diesel, metano, gpl e perfino ibride – per concentrarla esclusivamente sulle auto elettriche, nel vano tentativo di ridimensionare, o quantomeno contenere, l’inquinamento e l’innalzamento della temperatura globale della biosfera.

Subito si sono levate le dichiarazioni di giubilo dei politici della sinistra progressista, che vedono nel progresso scientifico e nell’avanzamento tecnologico la panacea di tutti i mali che scienza e tecnologia hanno causato, a cui hanno fatto da controcanto le affermazioni dell’ala più reazionaria della politica, preoccupate invece della scelta del Parlamento europeo.

Un giornale di destra, che non citiamo per decenza, è arrivato a pubblicare un articolo dal titolo tanto emblematico quanto paradossale: “Moriremo di utopia”.

Magari, verrebbe da pensare…

Se “utopia” da un punto di vista etimologico significa “non luogo”, sotto il profilo ideale rappresenta qualcosa non solo di sconosciuto, ma anche di inconoscibile, ovverosia un qualcosa verso cui tendere – la tensione utopica – ma che non si è in grado di conoscere, di immaginare e prefigurarsi. In un certo senso si tratta di una possibilità, di una salto nel buio non perché si conosce cosa si andrà ad incontrare, ma per una sorta di visione del mondo al negativo, ovvero perché si odia e si detesta ciò che già si conosce. Un’occasione aperta sul nulla, all’interno della quale tutto distruggere e tutto provare a ricostruire, abbandonando gli schemi mentali che ci hanno fino a quel punto accompagnato, per provare a realizzare i più folli e fantastici sogni da bambini che custodiamo negli angoli più reconditi del cuore.

Nel corso dei secoli milioni di uomini e donne hanno lottato per provare a realizzare questi loro sogni, per concretizzare le loro utopie, e la prospettiva di morire non li ha mai fermati, benché sapessero che nel momento in cui sceglievano di battersi, la morte sarebbe stata una possibilità reale; eppure questo li rendeva addirittura felici, audaci e coraggiosi, perché si sarebbe potuto – finalmente! – morire per l’utopia, non certo di utopia, che essendo per l’appunto un non luogo è, come tale, irraggiungibile. Un cammino senza fine, sempre perfettibile, che lascia inevitabilmente insoddisfatti e come tale spinge ad una lotta sempre maggiore; non l’eden promesso da tutte le religioni, ma la concezione e la concrezione mentale di un mondo realmente altro

La questione è quindi esattamente opposta a come la stampa vorrebbe presentarla. Non si tratta di tentare soluzioni che evitino all’umanità di finire nel baratro, bensì di stabilire tra quanto tempo essa si schianterà nel fondo di quel baratro in cui sta già precipitando.

Stiamo morendo di realismo. In esso ci sta facendo annegare un capitalismo che continua a proporre come soluzione delle toppe peggiori del buco, il cui unico modo per continuare a stare in piedi è rincorrere se stesso. Correre sempre più veloce per evitare di cadere. Ma fino a quando?

Eppure non occorre essere scienziati per capire che quando ci saranno miliardi di auto a motore elettrico sarà necessaria una quantità abnorme di energia per permetterne la circolazione, o per sapere che per costruire una sola batteria per auto elettriche occorrono le cosiddette “terre rare”, per la cui estrazione si combattono guerre, si devastano aree del mondo, si inquina e si sfrutta la manodopera dei più disgraziati nelle zone più povere del pianeta. E quanta energia, quanto carburante fossile consuma un macchinario impegnato a sventrare e scavare la Terra per estrarre queste “terre rare”? Siamo di fronte a un non-senso che solo il realismo assassino di chi crede di risolvere un problema creandone uno più grande può far finta di ignorare, demandando le soluzioni ad un futuro lontano in cui confidano che Scienza e Progresso porteranno soluzioni definitive.

Di fronte a tutto ciò, l’utopia è la sola possibilità che abbiamo. In ogni caso, meglio morire per essa che attendere stancamente lo schianto sul fondo mentre ci raccontano che volteggiamo liberi e leggeri nel cielo.

Se le fondamenta sono marce, inutile pensare di continuare a costruire piani per edificare un grattacielo, nella speranza che in alto l’aria sia più pulita. Unica possibile soluzione: abbattere l’edificio, e provare a ripartire da zero.

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Realismo o utopia

Non esistono catastrofi naturali

Migliaia e migliaia di morti e dispersi, milioni di sfollati. Fino ad ora. Intere città spazzate via. Come se a colpire il Giappone non fosse stato un terremoto, ma bombe nucleari. Come se a devastare le case non fosse stato uno tsunami, ma una guerra.

In effetti, così è stato. Solo che i nemici che colpiscono così duramente non sono la terra o il mare. Questi non sono affatto strumenti della vendetta di una natura che siamo abituati a considerare ostile.

La guerra in corso ormai da secoli non è quella tra umanità e ambiente naturale, come molti vorrebbero farci credere per assicurarsi la nostra disciplina. Il nostro nemico siamo noi stessi.

Noi siamo la guerra. L’umanità è la guerra.

La natura è solo il suo principale campo di battaglia. Noi abbiamo causato le alluvioni, trasformando il clima atmosferico con la nostra attività industriale. Noi abbiamo rotto gli argini dei fiumi, cementificando il loro letto e disboscando le rive. Noi abbiamo fatto crollare i ponti, erigendoli con materiali di scarto scelti per vincere gli appalti. Noi abbiamo spazzato via interi borghi, edificando case in zone a rischio. Noi abbiamo contaminato il pianeta, costruendo centrali atomiche. Noi abbiamo allevato gli sciacalli, mirando al profitto in ogni circostanza. Noi abbiamo trascurato di prendere misure precauzionali contro simili eventi, preoccupati solo di aprire nuovi centri commerciali, nuove linee ferroviarie e metropolitane, nuovi stadi. Noi abbiamo permesso che tutto ciò avvenisse e si ripetesse, delegando ad altri le decisioni che invece riguardano la nostra vita.

Ed ora, dopo che abbiamo devastato il mondo per spostarci più velocemente, per mangiare più velocemente, per lavorare più velocemente, per guadagnare più velocemente, per guardare la Tv più velocemente, per vivere più velocemente, osiamo pure lamentarci quando scopriamo che moriamo anche più velocemente?

Non esistono catastrofi naturali, esistono solo catastrofi sociali.

Se non vogliamo continuare a rimanere vittime di terremoti imprevisti, di inondazioni eccezionali, di virus sconosciuti o quant’altro, non ci rimane che agire contro il nostro autentico nemico: il nostro modo di vita, i nostri valori, le nostre abitudini, la nostra cultura, la nostra indifferenza.

Non è alla natura che occorre urgentemente dichiarare guerra, ma a questa società e a tutte le sue istituzioni.

Se non siamo capaci di inventare un’altra esistenza e di batterci per realizzarla, prepariamoci a morire in quella che altri ci hanno destinato e imposto. E a morire in silenzio, così come abbiamo sempre vissuto.

[Testo di un manifesto affisso in Italia nel 2011]

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Non esistono catastrofi naturali

In viaggio

“All’orizzonte del tempo
Dove il mio sguardo si perde
Comincia la terra ardente
Degli uomini indomiti

È là che sono cresciuto
Come un albero selvaggio
Con gli occhi bagnati di lacrime
Coi pugni stretti di rabbia

Nella brutta stagione
Mi hanno staccato dal tronco

Trasformandomi in moncone”

CIAO DANIELE

Le compagne e i compagni della Biblioteca Anarchica Disordine

 

Pubblicato in General | Commenti disabilitati su In viaggio

Lo stalin

I miei, contadini, operai, che nulla inganna, né può ingannare,
m’hanno detto: «Su ogni paese c’è odor di merda;
Tutti i giorni c’è un po’ più odor di merda;
Ogni giorno si uccide un popolo per aumentare la merda;
Giorni di merda, radio di merda, manifesti di merda
Con grandi parole di merda annunciano progressi di merda;
I giudici non somministrano più che sentenze di merda;
Persino noi, lavoratori, si vuole che siamo di merda;
Tu che conosci dei nomi, facci il nome dell’inedita bestia,
La bestia più bestia che non è altro che merda,
Che si concepisce merda e non vuole essere che merda,
La bestia che si vuole merda, piedi, ventre, spalle, testa,
La bestia di merda che nella sua testa di merda ebbe questo pensiero di merda:
L’uomo viene ucciso ovunque; finalmente la merda può regnare! 
La merda, di merda in merda, vi smerderà tutti; 
tutto vi verrà tolto, cuore, anima, spirito, 
pane, vino, tutto, tranne la merda;
vedrete quel che può creare la merda; 
vedrete troni di merda e diamanti di merda; 
sapremo offrirvi festival di merda; 
tutti voi sfilerete, onoratissimi, davanti alla merda; 
quindi verrà la grande rivelazione della merda, 
la bibbia della merda: in principio fu la merda,
in mezzo fu la merda, alla fine sarà la merda, 
così ha scritto il Geova della merda».
— «Contadini, operai, miei immacolati, o meglio che niente può sporcare,
Trionfante a piene narici: “tutto è ben smerdato;
a mia immagine e mia merda, smerdo il mondo intero! 
persino i lavoratori hanno la mia merda nei loro pensieri!”
La bestia gigantesca distesa in questi palazzi,
Regnante di merda in merda nell’epoca della merda
Con specchi di merda in cui riflettere la propria merda
E dei letterati in fila per venti che cantano: “gloria alla merda!”
La gran bestia che è inizio, centro e fine della merda;
La bestia talmente merda che ogni terra ne diviene merda,
La bestia che ovunque predica: “la felicità è la mia merda!”
E che condanna l’umanità per delitto di lesa merda,
Il mostro tutto di merda, lavoratori, è lo stalin».
Lo chiamo lo stalin, perché non esiste uno Stalin:
Infatti la merda non può essere una merda;
Per poco che si sia di merda si è tutto di merda;
O si è per intero merda o non si è merda.
Incontestabilmente, è lo smerdatore delle popolazioni;
È, dita pelose, l’ipnotizzatore che inebetisce le nazioni;
È l’uccisore che esige dai suoi cadaveri: «Bisogna amarmi!»
È l’enorme insozzatore da cui ogni uomo deve lavarsi.
Se non è proclamato sole, si crede criticato;
Se non viene definito il più sapiente, uccide tutti i sapienti;
Se non viene definito grande permanente, uccide «prima», «dopo», «durante»;
Se potesse creare Dio, lo creerebbe per ucciderlo.
Se tra il popolo rimane un singolo non prono,
Questo Tartarino degli assassinii si mette a tremare:
«Buu, buu! hu! mi minacciano!
questo singolo, più è solo, più, buu buu, è il pericolo!
Buu, buu, buu! Presto! ho abbastanza eserciti?
Abbastanza duri poliziotti? un cremlino abbastanza spesso?
Letterati abbastanza ammaestrati? Buu, buu, buu, letterati,
Presto proclamate: “Allarmi, popolo! Un ultimo singolo è sfuggito!”
La caccia all’ultimo singolo nei miei stati è aperta!
Per catturare l’ultimo singolo si spostino mari e monti!
Per sloggiare l’ultimo singolo venga sfollata ogni città!
Per disgustare l’ultimo singolo vengano popolati tutti i deserti!
Attaccandolo, milioni contro uno, forse lo abbatteremo?
Se ogni luogo diventa prigione, rimarrà senza la sua prigione?
Uccidendo tutti ovunque, forse uccideremo anche lui?
Chiamandolo grande ultimo singolo, forse lo attireremo?»
Sul suo popolo rincretinito, regna come un bue
Contro ogni pensiero egli si difende, con le corna e le froge;
Rumina grossolanamente sotto la sua pelle enorme
Le sue gigantesche, pesanti, laide leggi di bue.
Quando il bue vuol muggire, ogni cervello deve fermarsi,
Ogni filosofo deve gridare: «Il bue ha detto giusto!»
Ogni lavoratore danzare: «Che fortuna avere il bue!»
Ogni povero proclamare: «Che onore avere il bue!»
Chiunque in ogni istante deve spaventarsi dinanzi al bue,
Chiedersi: «Avrò mica disturbato un pelo del bue?
O commesso delitto di essere umano sotto il regno del bue?
Ho peccato, ho peccato! Che io venga immolato subito al bue!»
Dallo sterco del bue deve ispirarsi ogni poesia;
Tutti i rutti del bue sono decretati sublimi;
Api non è parente di questo bovino divinizzato;
Tutto ciò che fa il bue è primo e ultimo.
Chiedo scusa ai buoni buoi, ai buoi veri,
Ai buoi, fratelli umani, che si vedono nei pascoli:
Non hanno fatto nulla perché l’ultimo degli ultimi
Sottouomini di questi tempi sia loro paragonato.
In verità l’ultimo singolo è già qui;
I passi che faccio, non li faccio che sui suoi passi;
Egli mi dà per annunciarlo un po’ della sua voce;
Ogni tiranno che decreta il silenzio alza la sua voce.
Nessuno può trattenerlo, nessuno può ucciderlo:
Gli assassini capi possono fare di tutto, non potranno mai
Fare in modo che lui non sia nato, inassassinabilmente nato, lui che è,
Essenzialmente, colui che gli assassinati generano.
In realtà l’ultimo singolo non è solo, egli è
L’incontro di milioni di assassinati;
Tutti i popoli massacrati giungono a popolarlo;
Più gli assassini sembrano re, più egli è re su di loro.
Ogni innocente ucciso resuscita in lui;
Ogni paese che piange è pianto venti volte nella sua carne;
Egli grida in pieno deserto: «che ogni deserto sia rifiutato!»
Sulle anime scacciate egli dice: «che nessuna anima sia abbandonata!»
Dal cielo, dai ruscelli, dai contadini, dagli operai
L’ultimo singolo viene incoraggiato nella sua opera;
Tutte le piante in segreto gli parlano;
Tutti i rami agitano in lui i loro rumori per aiutarlo.
La luna, la bianca immutabile, col suo frammento
Rubato dalla fronte di un bianco toro addormentato
Mette la sua testa sotto di lui quando diventa troppo malfermo,
Lo spinge più avanti sui suoi passi incerti.
Per tentare di cancellare lo Spirito che l’ha chiamato
Col suo vero nome, incancellabile per l’eternità,
Lo stalin ormai può agitarsi di merda in merda,
Mobilitare da un capo all’altro della terra tutte le merde,
La merda che è difesa da tutte le merde diventa più merda,
Perché questo è l’implacabile destino della merda:
Non v’è alleluia per la merda che nella merda
E la merda che si adula è la peggiore delle merde;
La merda aveva creduto che il poeta avrebbe tremato,
Perché ogni paese sudava di paura davanti alla merda,
Ogni paese in fretta e furia diventava merda
E ogni uomo consultava i maghi della merda.
Ma il poeta di fronte alla merda non ha ceduto
E di fronte al poeta è la merda che cederà;
Lo stalin che ordina: «Morte allo Spirito!» morirà,
Lo Spirito che gli trovò il suo giusto nome non morirà.
Armand Robin [1945]
Pubblicato in General | Commenti disabilitati su Lo stalin