Con la parola e con il sangue

“Con la parola e con il sangue” – Evgenija Jaroslavskaja-Markon, Indesiderabili edizioni

Il suo verbo non fu un cieco ariete

ma la tela su cui il mio respiro si incise.

La liberté”, René Char.

Evgenija Jaroslavskaja-Markon giurò di “vendicare con la parola e con il sangue”come atto di dignità e di amore. Col desiderio di vendetta tessé la tela sulla quale imprimere il suo soffio vitale, che mai fu prono alla tracotanza del dominio né ai suoi carnefici.

Memoria dal e del sottosuolo, il racconto autobiografico della ribelle è l’arma che le restava e che scelse per affrontare la sua condizione di prigionia, con la stessa dignità e lo stesso coraggio con cui visse la sua vita da individuo in lotta. La tela con la quale Eugenia ci affida il resoconto della sua vita ha impedito che ne fosse cancellata ogni traccia o che fosse recuperata e travisata come è accaduto a molti, troppi, rivoluzionari e anarchici.

Il manoscritto completato il 3 febbraio 1931 – trentanove pagine scritte in una calligrafia densa e serrata –, precedette di pochi mesi l’esecuzione della ventinovenne autrice nel cortile del reparto d’isolamento del gulag delle Solovki, sulla Sekirnaja gora. Il documento è stato scoperto nel 1996 da Irina Flige, direttrice del Centro di ricerca e informazione Memorial di San Pietroburgo, negli archivi della sede dell’FSB della regione di Arkhangelsk. Evgenija vi racconta di sé, del suo compagno di vita e di lotta Aleksandr Borisovic Jaroslavskij e di quello che fu il loro impegno nel battersi contro il tirannico potere bolscevico. Le vite dei due anarchici furono profondamente intrecciate fino alla morte di lui, secondo gli atti stilati dai suoi boia sopravvenuta il 10 dicembre 1930. Aleksandr, che agli studi accademici in fisica e matematica aveva poi preferito un percorso letterario, fu una figura di spicco nei circoli futuristi dell’Estremo Oriente russo e pubblicò, nell’arco di dieci anni, più di quindici raccolte poetiche ma, come per la sua compagna, la scrittura fu anche uno strumento per la propaganda rivoluzionaria. Giunto a Mosca nel 1922 Jaroslavskij aveva aderito al biocosmismo, circolo letterario fondato nel 1920 da alcuni anarchici universalisti e da cui si distaccò per fondare a Pietrogrado il gruppo settentrionale dei biocosmisti-immortalisti. Il potere sovietico tentò ben presto di affossarne le riflessioni che si proponevano come strumento di critica verso il regime: con l’accusa di pornografia, il governo locale di Pietrogrado fece chiudere battenti alla rivista pubblicata da Jaroslavskij, Bessmertie, iniziò a indagare sulle persone coinvolte nella sua pubblicazione e a censurare infine tutta la loro letteratura. Risale a questo periodo l’incontro tra Evgenija ed Aleksandr.

I viaggi intrapresi fianco a fianco, e di cui scrive l’autrice, furono agli inizi all’interno del paese, per tenere conferenze letterarie e antireligiose. Caso volle che nello stesso periodo un altro Jaroslavskij fosse stato incaricato dalla Unione degli atei, propaggine del governo, della propaganda antireligiosa del paese. Aleksandr, autonomo oratore e letterato, che certo si avvaleva di ben altri argomenti e di tutt’altra dialettica a sostegno della sua Idea, avrebbe creato un’inaccettabile “confusione” per il regime, che come ogni potere appoggia la propria forza su un indiscutibile pensiero unico. Ad Aleksandr Jaroslavskij fu impedito di tenere conferenze in pubblico e così, persa la loro unica fonte di reddito, i due rivoluzionari decisero di lasciare il paese.

Aleksandr ed Evgenija furono tra i tanti rivoluzionari russi rifugiatisi in questi anni a Berlino dove i due tennero conferenze e diffusero scritti sulla Russia sovietica. Riportiamo qui un estratto di uno dei primi articoli pubblicati da Jaroslavkij sulla vicenda del conflitto con l’Unione degli atei: “Io ho una mia precisa personalità e una mia reputazione letteraria senza macchia: e non desidero affatto che, a causa della smaccata appropriazione di un cognome, mi si confonda con un piccolo-borghese rifatto e con un ottuso funzionario sovietico rappresentante dell’ateismo governativo”. Da Berlino la coppia proseguì per Parigi, altra destinazione per molti anarchici russi, ma anche ucraini e polacchi, in fuga dalla repressione bolscevica; basti pensare che, nel 1925, Nestor Makhno e altri suoi compagni fondarono qui la rivista Dielo Trouda (Causa dei Lavoratori) dando vita a un dibattito internazionale sui modi d’organizzazione della causa anarchica.

Ma torniamo a Evgenija e Aleksandr. Come raccontato da Evgenija, non si trattennero a lungo a Parigi e il rientro in Unione Sovietica, a Leningrado, nell’autunno del 1927, segnò l’ultimo periodo che i due rivoluzionari poterono passare insieme. Nel maggio dell’anno successivo Aleksandr venne arrestato per le attività svolte all’estero, accusato di aver gettato discredito sul regime sovietico e poi condannato nell’ottobre seguente a cinque anni di lager. Da Mosca, dove era stato inizialmente trasferito, poi di nuovo a Leningrado e infine alle isole Solovki, Evgenija continuò a seguire il suo compagno con il quale riuscì a ottenere tre colloqui in due anni, anni in cui Evgenija decise di vivere con il “popolo della strada”, quel Lumpenproletariat in cui vedeva individui con i quali tessere possibili complicità e non un esperimento sociale cui attingere per un articolo di giornale o un programma politico.

Nella postfazione di Irina Flige della edizione russa, leggiamo che “da una simpatia tutta teorica per il mondo della piccola criminalità, predicata da molti anarchici, Evgenija passa alla pratica, giustificando il furto con ragioni ideologiche”. Se per la signora Flige gli espropri di Evgenija sono quelli di una “giovane arrabbiata”, noi vi scorgiamo piuttosto l’integrità dell’anarchica che, sin da giovanissima, aveva scelto come e da che parte stare: secondo le sue stesse parole, “non come una straniera blasonata,” ovvero con delinquenti, alcolizzati, emarginati, prostitute, bambini di strada… Nella stessa postfazione la signora Flige, dall’alto della sua poltrona e delle sue cariche istituzionali, ci informa di una corrispondenza da lei intrattenuta con degli amici della famiglia Markon; da questa apprendiamo che nella sedicenne Evgenija era già viva una coscienza inflessibile, coscienza che la spinse, pur venendo da una famiglia borghese, a nutrirsi rigorosamente solo della razione, “come tutti”. In questo senso la sua opera autobiografica è un elogio della scelta, fine ed essenziale strumento dell’autodeterminazione.

I ripetuti arresti non sfiancarono la risolutezza di Evgenija. Dopo la prima condanna del 1929 a un mese di lavori forzati nel carcere di Butyrki e una seconda nello stesso anno a tre anni di confino, fu poi deportata per tre anni in Siberia. Evgenija parla di tutto questo nella sua autobiografia, che si conclude con un enigmatico “Il resto vi è noto”. “Il resto”, ricostruito a posteriori, è che Evgenija fu arrestata e imprigionata il 17 luglio 1930 per la sua fuga dal confino nella regione siberiana di Krasnojarsk e per “complicità in un tentativo di evasione”. Giunta illegalmente a Kem’, Evgenija aveva come obiettivo quello di liberare Aleksandr dalle isole Solovki, piano di evasione condotto con un altro detenuto e che purtroppo non andò a buon fine. Dopo un mese di ulteriore prigionia a Kem’, Evgenija fu internata in un reparto di isolamento alle isole Solovki mentre gli aguzzini della polizia politica GPU decidevano di condannarla a tre anni di lager, poco prima che Aleksandr fosse fucilato, non senza aver gridato il suo ultimo “Viva l’anarchia!”.

Nel periodo di prigionia Evgenija tentò di persuadere i suoi compagni di lager a rifiutarsi di lavorare, pubblicò anche un foglio manoscritto, la Gazeta Urkanskaia Pravda, la Gazzetta dei delinquenti, esortazione alla ribellione contro il potere bolscevico. Fu all’interno del lager, dove i cekisti, in una logica di terrore di Stato, usavano leggere ad alta voce l’elenco delle condanne inflitte a tutti i prigionieri della GPU, che Evgenija venne a conoscenza della condanna di Aleksandr. Era il 18 ottobre 1930 ed Evgenija, che lo credeva già assassinato, provò per tre volte a togliersi la vita. Poco tempo dopo, l’11 novembre, Evgenija cercò vendetta per Aleksandr provando a colpire il carceriere e torturatore Dimitri Vladimirovic Uspenskij, vicedirettore del lager delle Solovki e direttore della quarta sezione. La vendetta non andò a buon fine ed Evgenija fu condotta nella cella di rigore dove scrisse la sua autobiografia. Giudicata colpevole di “atto terroristico” e “propaganda rivoluzionaria”, ad Evgenija fu strappata la vita il 20 giugno 1931, non quel soffio vitale che i morti in vita non conosceranno mai e che lei stessa si è premurata di trasmettere, come un messaggio nella bottiglia.

“Con la parola e con il sangue” – Evgenija Jaroslavskaja-Markon.

Indesiderabili edizioni pp. 129 – 8 euro

Ai distributori 6 euro a copia (minimo 5 copie).

L’intero ricavato del libro è a beneficio degli e delle anarchiche detenute in Cile.

per richieste:

indesiderabiliedizioni@gmail.com

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Nuovi titoli in consultazione

  • Capitalismo resiliente. Uno sguardo siciliano su estrattivismo e nocività del new green deal, s. e., s. d. [2022], pp. 44;
  • Autobiografia di Malcolm X, ed. Einaudi, 1978, pp. 515;
  • Henri Alleg, La tortura, ed. Einaudi, 2022, pp. 107;
  • Oscar Wilde, La virtù dell’irriverenza, ed. Eléuthera, 2022, pp. 243;
  • Claudio Strambi, L’inquieta attitudine. Camillo Berneri e la vicenda politica dell’anarchismo in Italia. Primo libretto, ed. Kronstadt, 2015;
  • Franca Pieroni Bortolotti, Socialismo e questione femminile in Italia 1892-1922, ed. Mazzotta, 1974, pp. 233;
  • Franco Venturi, Il populismo russo. Herzen Bakunin, Cernysevskij. Vol. I, ed. Mimesis, 2021, pp. CXXIX + 375;
  • Franco Venturi, Il populismo russo. Dalla liberazione dei servi al nichilismo. Vol. II, ed. Mimesis, 2021, pp. 479;
  • Franco Venturi, Il populismo russo. Dall’andata nel popolo al terrorismo. Vol. III, ed. Mimesis, 2021, pp. 445;
  • Bianca Bonavita, Nuda morte o del libero morire, ed. Nautilus, 2022, pp. 125;
  • Carmine Mangone, Nostra poesia dei lupi, ed. Nautilus, 2022, pp. 60;
  • Raoul Vaneigem, Ritorno alla vita, ed. Nautilus, 2022, pp. 45;
  • Gianluca Toro, Amanita muscaria. Simboli, tradizioni, iconografia, ed. Nautilus, 2022, pp. 294;
  • Orazio Maria Valastro, Con animo imprescrittibile: diario di un disertore, ed. Sensibili alle foglie, 2022, pp. 127;
  • Jacqueline Andres, The hub of the med. Una lettura della «geografia militare» statunitense in Sicilia, ed. Sicilia Punto L, 2018, pp.151;
  • Giangilberto Monti, L’amore che fa boum! La vera storia della Banda Bonnot, ed. VoloLibero, 2013, pp. 287;
  • Caligine n°4. Parole al negativo tra le fosche tinte della realtà, primavera-estate 2022, pp. 36;
  • I giorni e le notti n°14. Rivista anarchica, luglio 2022, pp. 98;
  • MalaMente n°3. Rivista di lotta e critica del territorio, aprile 2016, pp. 56;
  • MalaMente n°4. Rivista di lotta e critica del territorio, luglio 2016, pp. 60;
  • MalaMente n°26. Rivista di lotta e critica del territorio, settembre 2022, pp. 112;
  • MalaMente n°27. Rivista di lotta e critica del territorio, dicembre 2022, pp. 132;
  • Nunatak n°65. Rivista di storie, culture, lotte della montagna, agosto 2022, pp. 64;
  • Nunatak n°66. Rivista di storie, culture, lotte della montagna, agosto 2022, pp. 80;
  • Nurkùntra n°10. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna e oltre…, novembre 2021, pp. 64;
  • Nurkùntra n°11. Periodico di storie, di lotta, di conflitto e prospettive anticapitaliste in Sardegna e oltre…, febbraio 2022, pp. 60;
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Università è guerra

Venerdì 16 dicembre, nella sala conferenze del Rettorato dell’università del Salento, si è tenuto un convegno dal titolo “Dalla ricerca all’impresa: i dottorati innovativi di UniSalento”. Tra i relatori anche il rettore Fabio Pollice. Il convegno è stato interrotto per chiarire le complicità di UniSalento col militarismo. È stato aperto uno striscione con scritto “UniSalento complice della guerra”, effettuato un intervento al megafono e distribuito il seguente volantino.

Università è guerra

Quanto lontani i tempi in cui dalle università scaturiva la scintilla che infiammava i cuori alla ricerca dello sconvolgimento sociale, e quelli in cui dai campus partiva la rivolta contro le guerre di aggressione. Oggi accade esattamente l’opposto: nelle università, come ogni altro àmbito della società, si prepara la guerra, e UniSalento non è da meno.

Da anni non si contano più gli accordi di collaborazione con enti militari, dall’esercito all’aeronautica, dalla Nato a Leonardo, uno dei massimi produttori di sistemi militari al mondo; accordi che non coinvolgono solo dipartimenti scientifici come ingegneria, ma anche corsi di laurea umanistici quali antropologia, sociologia, psicologia, nella formazione e ricerca di personale da inserire nei percorsi di peacebuilding, come amano chiamare con un eufemismo il percorso di colonizzazione e pacificazione che segue la guerra vera e propria.

Non interrogarsi oggi su cosa sia la guerra significa essere complici. Guerra non è più – se mai lo è stata – solo la bomba che cade lontano da casa nostra, ma significa ricerca, collaborazioni, accordi, finanziamenti… L’aereo che bombarda è solo l’ultimo anello di una catena molto lunga che inizia fuori – e talvolta dentro – la porta della nostra casa, e passa senz’altro da tutte le università. La guerra inizia qui, e copre ogni aspetto del nostro vivere. Per questo non è possibile chiudere gli occhi su ciò che produce il nostro lavoro; ogni attività umana, nel mondo di oggi, ha ripercussioni da qualche altra parte, e se pensiamo che un nostro dottorato di ricerca in qualche scienza umanistica o per la costruzione di una piccola antennina non danneggi nessuno, è possibile che si stia lavorando a un sistema d’arma che ammazzerà qualcuno in un luogo sperduto o ci si stia preparando a insegnare la rassegnazione e l’accettazione della guerra a qualche popolazione aggredita.

Non basta lo sdegno all’ora di pranzo mentre passano in tv i crimini di qualche esercito o forza di polizia straniera, magari di regimi dittatoriali.

Le forze di polizia, diceva un vecchio proscritto, sono tutte sorelle, e il mestiere di ogni soldato del mondo è fare la guerra e ammazzare.

Il rettore Fabio Pollice è senz’altro uno dei massimi responsabili della direzione di guerra che ha intrapreso UniSalento; una vera e propria passione per accordi e convenzioni con enti militari e aziende di armamenti, come se fosse la stessa cosa che coltivare piante sul balcone di casa.

Insomma un vero Pollice verde, ma verde militare.

Antimilitaristi

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The Jackson Pollock in concerto

Venerdì 23 dicembre ore 21

The Jackson Pollock in concerto

a garage, punk, explosion band

Biblioteca Anarchica Disordine

via delle anime 2/b Lecce

disordine@riseup.net

TJP

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Stragista è lo Stato

Il 12 dicembre ricorre l’anniversario di quella che è stata definita “la madre di tutte le stragi”, ovvero quella della Banca dell’Agricoltura a Milano, in piazza Fontana, nel 1969. Organizzata e realizzata da mani fasciste in combutta con apparati dello Stato, molte altre seguirono e tanto altro sangue venne versato. Stragi pianificate scientificamente nel tentativo di imprimere una svolta ancora più autoritaria alla giovane Repubblica italiana.

Oggi, a Torino, invece, verrà decisa la pena per due compagni anarchici – Alfredo ed Anna – accusati di “strage politica”, imputati del posizionamento di due ordigni esplosivi fuori dalla scuola dei carabinieri in provincia di Cuneo nel 2006, senza causare morti o feriti. Rischiano l’ergastolo, ed Alfredo si trova detenuto in regime di 41 bis da maggio.

Può sembrare un assurdo logico un processo per strage senza neanche un morto, ma non lo è quando gli imputati sono anarchici; lo Stato vuole appioppare loro il carcere a vita non per quanto hanno commesso, ma per le idee che portano in cuore e per le azioni che sono espressione di quelle idee.

Chiunque sia stato a posizionare quegli ordigni, non voleva colpire indiscriminatamente in una banca, una stazione o su un treno, ma aveva scelto accuratamente il suo obiettivo. Una scuola carabinieri è un luogo in cui vengono formati i difensori dell’ordine costituito, coloro che reggono questo Stato di cose e che quotidianamente compiono una lenta ma inesorabile strage fatta di gente ammazzata per strada o in caserma (Cucchi vi dice qualcosa?), arrestata e morta in prigione, espulsa e mandata a morire altrove, uccisa direttamente nei luoghi dei conflitti in giro per il mondo dove compiono le loro missioni …

Da una di queste scuole erano usciti gli stessi carabinieri implicati nella strage di Piazza Fontana e tutte quelle successive.

Il gesto per cui Alfredo ed Anna rischiano di essere seppelliti in prigione a vita, a parte non avere mietuto vittime, si differenzia per un altro aspetto dalle stragi di Stato: per la profondità etica che lo contraddistingue. Quanto gli viene imputato non mirava ad imporre autoritarismo e repressione, ma al suo opposto: ad aprire uno squarcio di libertà in un mondo di catene, attaccandone uno degli anelli principali.

Come anarchici non possiamo arretrare davanti ad un salto repressivo che intenta sempre più chiaramente processi alle intenzioni ed alle idee, ma proprio per questo dobbiamo continuare ad affermare che siamo ancora per la distruzione dello Stato e la costruzione di un mondo libero da galere, gerarchie ed autorità; che siamo ancora per l’attacco violento contro uomini e strutture di Stato e Capitale e per l’insurrezione, unica possibile via per aprire un sentiero non segnato su alcuna mappa, che si chiama libertà.

StragistaA3

Manifesto e volantino distribuito e affisso a Lecce

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Consumo permanente

Che i nostri pasti siano pasti ciclici è un segno della nostra umanità. In quanto tra i tempi dei pasti si apre il tempo libero dal consumo e l’ampio orizzonte del mondo non consumabile, il territorio dell’assente, del solo contemplativo, del solo osservabile, del possibile – in breve: il mondo dello spirito. Davvero? Ancora oggi?

Non proprio.

Giacché il trend indica un consumo ininterrotto, un’esistenza in cui noi consumiamo ininterrottamente così come respiriamo: ininterrottamente mastichiamo il chewing gum, ininterrottamente ascoltiamo la radio. E poiché non c’è nulla che non diventi oggetto di consumo, l’avvicendarsi di un oggetto di consumo a un altro garantisce la continuità del consumo.

Una condizione animale. Anzi la condizione degli animali più triviali. Non di quelli che misurano la distanza, scrutando o volando per raggiungere le loro prede. Il loro orizzonte è ancora vasto; il loro tempo in gran parte libero dal consumo. Non la condizione dell’aquila. Bensì quella del pollo, del perennemente beccante.

I polli possono consumare ininterrottamente perché «il bene è sempre così prossimo», perché tutto è sempre presente, perché vivono nel paese della cuccagna dei polli. Poiché per loro c’è sempre tutto, non c’è nulla che manchi verso cui debbano puntare. Poiché non hanno bisogno che qualcos’altro li interessi, sono anche defraudati della possibilità «d’interessarsi a qualcos’altro». Vivendo nel paese della cuccagna restano dunque privi di mondo e ottusi. Se sperimentano lo «spazio» è tutt’al più quando «cercano di scappare» cioè nella fuga: la quale però non è verso l’aperto, ma verso il chiuso; non verso la scoperta, ma verso il coperto. In breve: restano piccoli borghesi.

Ecco: il piccolo borghese è ciò che dobbiamo aspettarci come esito finale dell’avventura «tecnica», poiché la tecnica consegna a domicilio il mondo come piacevole consumo permanente. Il piccolo borghese, sempre che l’umanità non si estingua prima del raggiungimento di questo punto più basso, sarà l’ultimo uomo.

Gunther Anders, Stenogrammi filosofici

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Nuovi inserimenti in Biblioteca

  • Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Autoproduzione Cassa Anti-repressione, s. l., 2022, pp. 82;
  • Dizionario biografico degli anarchici italiani. Volume primo A – G, ed. BFS, Pisa, 2003, pp. XXII + 790;
  • Dizionario biografico degli anarchici italiani. Volume secondo I – Z, ed. BFS, Pisa, 2004, pp. 804;
  • Giorgio Antonucci, Il pregiudizio psichiatrico, ed. Elèuthera, Milano, 2020, pp. 175;
  • Lorenzo Pezzica, Le magnifiche ribelli 1917-1921, ed. Elèuthera, Milano, 2017, pp. 199;
  • Elisée Reclus, Storia di un ruscello, ed. Elèuthera, Milano, 2020, pp. 246;
  • Elisée Reclus, Natura e società. Scritti di geografia sovversiva, ed. Elèuthera, Milano, 2022, pp. 351;
  • Claudio Venza, Anarchia e potere nella guerra civile spagnola (1936-1939), ed. Elèuthera, Milano, 2016, pp. 186;
  • Carlo Capuano, Ecclesia, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1990, pp. 78;
  • Alete Dal Canto, Le imposture del prete, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1988, pp. 229;
  • Mimmo Franzinelli, Ateismo laicismo anticlericalismo. Guida bibliografica ragionata al libero pensiero ed alla concezione materialistica della storia. Vol. II. Da Cristo a Wojtyla. Contributi per una storia eterodossa della Chiesa, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1992, pp. 223;
  • Mimmo Franzinelli, Ateismo laicismo anticlericalismo. Guida bibliografica ragionata al libero pensiero ed alla concezione materialistica della storia. Vol. III. L’intolleranza religiosa e le sue vittime, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1994, pp. 202;
  • Nestor Makhno, La rivoluzione russa in Ucraina. Marzo 1917 – Aprile 1918, ed. La Fiaccola, Ragusa, 2022, pp. 242;
  • Errico Malatesta, Opere complete vol. VII. “fronte unico proletario”. Il biennio rosso, Umanità Nova e il fascismo 1919-1923, ed. La Fiaccola / Zero in condotta, Ragusa / Milano, 2021, pp. XXXIII + 713;
  • Carmelo R. Viola, Referendum contro il divorzio premeditato vilipendio all’uomo, ed. La Fiaccola, Ragusa, 1973, pp. 85;
  • Francesco Gaudioso, Calabria ribelle. Brigantaggio e sistemi repressivi nel Cosentino (1860-1870), ed. Franco Angeli, Milano, 1996, pp. 155;
  • George Orwell, Una boccata d’aria, ed. Liberamente, s. l., 2021, pp. 303;
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ADORO IL SOGNO

BREVE RASSEGNA DI FILM DI BUÑUEL

Nessuno di noi manchi alla propria baldoria;
lasciamo dovunque i segni del nostro piacere,
perché è questa la nostra porzione
e parte di eredità.

Lunedì 7 novembre ore 19, IL FASCINO DISCRETO DELLA BORGHESIA, 1972

Caustica e divertentissima satira della società borghese e delle sue molteplici ipocrisie.

Lunedì 14 novembre ore 19, LA VIA LATTEA, 1968

Il surrealismo del regista prende il massimo della forma in questa sarcastica scorribanda attraverso le eresie, tra fede e idea, potere e libertà.

Lunedì 21 novembre ore 19, IL FANTASMA DELLA LIBERTA’, 1974

Fatti paradossali, assurdi che invitano al rovesciamento del senso, che sia buonsenso o senso comune.

Questa rassegna è dedicata a Daniele, amico e compagno, nel senso più fraterno
del termine, con cui abbiamo condiviso chiacchiere e risate, approfondimenti
e scambi, interessi e suggerimenti, stimoli e passioni.
Daniele se ne è andato così, come chi si allontana fino a svanire dalla vista, ma con
lo sguardo rivolto indietro, un sorriso rassicurante e un tenero saluto.
Indipendente e provocatorio, profondo e visionario, non gli era sfuggita l’importanza dell’opera di Buñuel, regista surrealista, appassionato del sogno, dissacratore del senso comune, dell’autorità e della società per bene, narratore della ricerca della verità
che bisogna fuggire appena si crede di averla trovata, dell’implacabile
rituale sociale, della ricerca indispensabile del caso, della morale personale
e del mistero che bisogna rispettare, come egli stesso aveva affermato nella sua
autobiografia. Niente di più adatto.

BIBLIOTECA ANARCHICA DISORDINE, VIA DELLE ANIME 2/B LECCE

versione colore

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The mountain and the little mouse

At dawn on Thursday, September 29, a dozen or more policemen showed up at a comrade’s home with a search warrant for the crime of defacement, which a public prosecutor of the Lecce court had no shame in signing. Having ascertained that only the suspect was present, they decided to send the flying squad officers away to stay only six of the DIGOS, looking for clothing and spray cans. In addition to the house, they also searched his car, a moped and a house in another municipality to which the comrade had easy access. In fact, in addition to a helmet, a jacket and the latest copy of ‘Vetriolo’, which were returned to the owner at the police headquarters, they decided to seize a pair of boots and three stickers in solidarity with Alfredo Cospito, because, according to them, they were very much related to the wall writings they were investigating. This is how we begin to unravel the skein of so much investigative diligence for such a crime; a DIGOS inspector, in fact, informed the suspect that the investigation concerns the wall writings that appeared in Calimera (in the province of Lecce) on September 8 (we learn this from journalistic sources because the report says September 18) during the organized ‘week of legality’ on the occasion of the commemorations for the anniversary of the Capaci massacre, in which a Calimera citizen who was part of the escort also lost his life. The affair is beginning to make more sense: someone, irritated by the doggedness of the State towards Alfredo and perhaps indignant at the sanctification of judges and policemen, must have penned those wall writings to prevent them from sing alone their own praises. It is therefore clear that the state, with or without the government, persists in trying to make Alfredo and the infamous prison conditions to which he is subjected invisible. Having recalled him, claiming him free, during the celebrations of those events that led to the ‘temporary’ institution of the nefarious article 41 bis, must have annoyed them not a little and made them descend into ridicule.

We reiterate our utmost solidarity with Alfredo and all comrades imprisoned in various prisons around the world for love of freedom and hatred of those who deny it!

Note of “La Nemesi”: DIGOS stands for Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, “General Investigations and Special Operations Division”, the political police. The Capaci massacre is a bombing by the Sicilian mafia that took place on May 23, 1992, on highway A29, close to the junction of Capaci, Sicily; magistrate Giovanni Falcone, his wife and three police escort agents were killed.

Published in english by: https://lanemesi.noblogs.org/post/2022/10/10/the-mountain-and-the-little-mouse-lecce-italy/]

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La montagna e il topolino

All’alba di giovedì 29 settembre una decina e più di poliziotti si sono presentati all’abitazione di un compagno con un mandato di perquisizione per il reato di imbrattamento che un pm del tribunale di Lecce non ha avuto vergogna a firmare. Accertatisi della sola presenza dell’indagato, hanno deciso di mandare via gli agenti delle volanti per rimanere solo in sei della Digos, alla ricerca di indumenti e bombolette spray. Oltre all’abitazione hanno perquisito anche l’auto, un ciclomotore e un’abitazione in un altro comune cui aveva facile accesso il compagno; il verbale di perquisizione ha avuto esito positivo. Infatti oltre ad un casco, una giacchetta e l’ultima copia di Vetriolo, che sono stati resi al proprietario in questura, hanno deciso di sequestrare un paio di anfibi e tre adesivi in solidarietà ad Alfredo Cospito, perché, a detta loro, molto inerenti alle scritte su cui indagano. Così si inizia a dipanare la matassa su tanta solerzia investigativa per cotanto reato, un ispettore della Digos, infatti, ha comunicato all’indagato che le indagini riguardano delle scritte apparse a Calimera (LE) l’8 settembre (lo si apprende da fonti giornalistiche perché il verbale dice 18 settembre) durante l’indetta “settimana della legalità” in occasione delle commemorazioni per l’anniversario della strage di Capaci, in cui perse la vita anche un calimerese che faceva parte della scorta. Comincia ad avere più senso la vicenda: qualcuno, irritato per l’accanimento dello Stato nei confronti di Alfredo e magari indignato per l’opera di santificazione di giudici e poliziotti, deve aver vergato quelle scritte per evitare che se la suonassero e cantassero da soli. È dunque evidente che lo Stato, con o senza Governo, si ostina nel cercare di rendere invisibile Alfredo e le infami condizioni detentive a cui lo sottopone. Averlo ricordato, pretendendolo libero, durante le celebrazioni di quelle vicende che portarono all’istituzione “temporanea” del nefasto articolo 41 bis, deve aver infastidito non poco e li ha fatti precipitare nel ridicolo.

Si ribadisce la massima solidarietà ad Alfredo e a tutti i compagni imprigionati nelle varie carceri del mondo per amore di libertà ed odio verso chi la nega!

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